In barba a qualunque principio di autonomia territoriale, dopo le sentenze dei tribunali che hanno ribadito i limiti alla regolamentazione dei Comuni riguardo alla disciplina delle sale da gioco, ormai dilaganti, con una recente sentenza, (del 6 aprile 2013), benchè in un settore diverso, interviene il TAR delle Marche, annullando il divieto espresso da un Comune nei confronti di una struttura circense che effettuava spettacoli con l’utilizzo di animali.
Il caso riguarda un ricorso presentato dal circo Moira Orfei al quale il Comune di Senigallia aveva negato l’autorizzazione, nel rispetto del proprio regolamento comunale sulla “tutela degli animali”, vigente dal 2009, che fra l’altro fa “divieto di detenere animali esotici potenzialmente pericolosi per l’incolumità pubblica”.
Con sentenza resa in forma immediata, (che alleghiamo) il TAR ha stabilito che l’esercizio da parte dei Comuni del potere regolamentare in materia di vigilanza igienico-sanitaria o di tutela degli animali non può mai portare al divieto di svolgimento di attività che sono consentite in base a specifiche disposizioni di legge. Ciò sia per un problema di gerarchia delle fonti di produzione normativa (essendo il regolamento cedevole rispetto alle fonti primarie), sia perché l’ordinamento costituzionale (art. 120 Cost.) vieta agli enti territoriali di porre ostacoli alla libera circolazione delle persone e delle cose e di limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualsiasi parte del territorio nazionale”.
Il TAR, inoltre, aggiunge: “In ragione dell’evoluzione dei costumi e della coscienza collettiva, può anche ritenersi che il riferimento alla dignità umana comprenda anche la dignità degli animali (i quali peraltro, erano già tutelati in epoca antecedente all’entrata in vigore della Carta fondamentale da norme penali, quale ad esempio l’art. 727 c.p.), ma questo non rende legittime le norme regolamentari impugnate”.Precisa infine il tribunale che la corretta attuazione del precetto di cui all’art. 41 Cost., per la parte di competenza dei Comuni, consiste nell’adottare norme regolamentari che prevedano specifici adempimenti a carico dei gestori dei circhi e di altri spettacoli analoghi, funzionali a tutelare la dignità e la salute degli animali impiegati negli spettacoli, ma che siano proporzionati allo scopo e che non costituiscano surrettizi divieti all’esercizio di un’attività economica prevista e riconosciuta da specifiche norme statali.
In chiusura, ricorrendo ad argomentazioni extragiuridiche, il tribunale afferma: “La verità è che nessuna attività che preveda l’impiego di animali è in sé ‘buona’ o ‘cattiva’, la differenza essendo legata al rispetto che l’esercente l’attività ha per l’animale, per cui l’unica via per tutelare gli animali è imporre una serie di obblighi e divieti funzionali a tutelare la loro salute e il loro benessere e controllare il rispetto di tali prescrizioni”.
Fonte: terzobinario.it – 9 aprile 2013