di Roberto Turno. Fatto il decreto, scoperta la possibile beffa. Che in sanità potrebbe rischiare di lasciare a bocca asciutta le imprese proprio nelle Regioni dove il credito è più alto. Un rischio che si corre concretamente soprattutto nelle cinque Regioni in cui la sanità è commissariata: Lazio, Campania, Calabria, Molise e Abruzzo.
E che si abbina al pericolo per i contribuenti di finire a loro volta sotto schiaffo, se mai le Regioni dovessero ricorrere a nuove stangate con le maxi addizionali Irpef e Irap per dimostrare di aver predisposto «misure congrue di copertura annuale» per il rimborso delle anticipazioni di cassa.
Dubbi, riserve, difficoltà applicative, tempi incerti per passare alla cassa. Il Dl sblocca-debiti arrivato ieri alla Camera comincia in salita il suo cammino parlamentare. E anche i governatori fanno sentire la loro voce. Ieri sono scesi in campo Nichi Vendola (Puglia, Sel), Vito De Filippo (Basilicata, Pd), Luca Zaia (Veneto, Lega Nord), accusando: il decreto non servirà a niente. Con una richiesta a senso unico: è necessario intervenire (allentare) sul Patto di stabilità anche in favore delle Regioni, altrimenti si farà un buco nell’acqua e si alimenteranno illusioni che rischiano di trasformarsi «in un bluff».
Intanto il testo del decreto legge e la relazione che lo accompagna alle Camere sollevano dubbi sulla effettiva capacità di tutte le Regioni di poter accedere alle anticipazioni da 14 miliardi di euro. Un dubbio legato alla verifica degli equilibri strutturali di ciascuna Regione (art. 4 del decreto) per poter sottoscrivere nuovi prestiti o mutui: sarà indispensabile dimostrare che il bilancio regionale è in una «situazione di equilibrio strutturale».
Chissà quante Regioni potranno dimostrare di avere le carte in regola. Sicuramente quelle più indebitate – sia per i disavanzi sanitari totali, sia per i ritardi nei pagamenti ai fornitori –
non avranno molte chance. Pochi dati: solo per le forniture di biomedicali le 5 Regioni commissariate hanno debiti per 2 miliardi su 4,9 totali a fine 2012. Che diventano 3,23 aggiungendo le tre (Piemonte, Puglia, Sicilia) sotto piano di rientro. Stessa cosa vale per i farmaci, per i servizi in genere, per l’ospedalità privata.
Insomma, sarà una corsa a ostacoli. I dubbi crescono, e ieri Assobiomedica ha rilanciato le sue proposte per cercare altre soluzioni che iniettino liquidità, a partire da un graduale e massiccio» piano di dismissioni del patrimonio pubblico in capo all’Economia e alle stesse Regioni, destinando il ricavato al rimborso dei fornitori e al pagamento di emissioni obbligazionarie ad hoc dello Stato e delle realtà locali più indebitate.
Chi paga prima e chi dopo Regione per Regione
Il Sole 24 Ore – 10 aprile 2013