La peste nera arrivò in Europa con le navi, anzi con i topi che viaggiavano sulle galee genovesi che tornavano dalla Crimea. Scesi dalle navi, i topi distribuirono sulla terraferma la pulce della peste e in pochi anni un terzo della popolazione europea fu sterminata. Era il 1348.
Da allora migliaia di specie animali sono state trasportate via nave da un continente all’altro, non sempre causando catastrofi come quello della peste nera, ma comunque generando problemi spesso di portata molto grave. Gli australiani stanno ancora combattendo contro quello che chiamano “un flagello biblico” e cioé i milioni di conigli discendenti da quei 24 che sir Thomas Austin aveva importato nell’Ottocento per poter andare a caccia. E gli Stati del Nord negli Usa sono impegnati in una lotta non meno costosa contro le vongole zebra, arrivate dal Mar Nero 30 anni fa e riprodottesi con tanta velocità da aver invaso tubature cittadine e causato danni per miliardi alla fornitura di acqua potabile.
L’INVENTARIO
Il Dipartimento dell’Agricoltura Usa tiene un inventario costantemente aggiornato di tutte le specie indesiderate che mettono radici nel Paese, e bisogna dire che c’è solo l’imbarazzo della scelta. Gli ultimi due esemplari in ordine di tempo sono il pesce serpente cinese e la lumaca giganteafricana, ma negli ultimi anni si sono avuti i pitoni della Birmania, ilcinghiale russo, lo scarabeo marrone cinese, l’imenottero asiatico, il rospo sudamericano, per citarne solo alcuni. Il pesce serpente veniva importato legalmente a scopo alimentare negli anni Novanta, ma poi qualcuno ha avuto la brillante idea di buttarlo in uno stagno, per sport, e da lì è cominciata la sua diffusione, tanto che ora è arrivato nei Grandi Laghi e minaccia ogni altro animale. Non solo è una specie fortemente predatrice, ma è anche adattabile a temperature calde e fredde e riesce a restare in vita fuori dall’acqua, purché rimanga umido. La lumaca gigante africana gli è degna compare. Arrivata in Florida probabilmente su navi mercantili, è grossa come un ratto e ha un appetito voracissimo: oltre 500 tipi di vegetazione cadono sotto i suoi denti, ma è golosa anche dello stucco delle case, del cemento e della plastica. E come se non bastasse, può essere portatrice di un parassita che causa la meningite negli esseri umani.
ANIMALI DA COMPAGNIA
Il problema delle specie aliene, siano esse animali o piante, non è certo unico degli Stati Uniti: anche il nostro vecchio continente deve fare i conti con l’arrivo clandestino e spesso pernicioso di animali o piante “aliene”. C’è chi compie questo gesto per motivi sentimentali: il pitone birmano ad esempio è arrivato nel parco nazionale delle Everglades della Florida perché qualcuno lo aveva adottato come animale di compagnia. Ma poi, davanti alla mole e alla fame dell’animale, lo ha messo in libertà. C’è chi arriva a distruggere un ecosistema per stupidaggine, come sir Austin con i suoi conigli in Australia, o il misterioso pescatore che ha rilasciato il pesce serpente in uno stagno del Maryland. Ma il più delle volte queste piante o questi animali viaggiano a bordo delle navi da carico, e spesso le specie marine, come la vongola zebrata ad esempio, trovano ospitalità dentro l’acqua di zavorra.
Alcuni scienziati inglesi e tedeschi sono riusciti a disegnare una mappa dei possibili percorsi delle varie specie. Il loro calcolo, presentato sulla rivista Journal Ecology Letters traccia i movimenti delle navi da carico e prevede dove certe specie possono attraccare: «Il nostro modello – ha spiegato il professor Bernd Blasius, dell’Università di Oldenburg – connette informazioni sui corridoi di navigazione, sulla dimensione delle navi, la temperature delle acque e la biogeografia, per poter arrivare a prevedere le probabilità di invasioni di specie aliene».
I RISCHI
Gli scienziati spiegano che i rischi vanno crescendo, perché negli ultimi venti anni i trasporti via mare sono aumentati moltissimo: «È una roulette ecologica» spiegano. E oltre a fornire i possibili “attracchi” delle specie aliene, consigliano anche la soluzione: il filtraggio delle acque di zavorra. Ma sono scettici che venga adottata, perché le società di navigazione non vorranno attardarsi nei porti per le operazioni di drenaggio e depurazione dati i costi stratosferici del parcheggio ai moli. Il rischio di trovarsi sulla porta di casa un pitone birmano o un rospo gigante è dunque crescente, soprattutto negli Usa e negli Stati Uniti del sud, dove le acque dei porti sono più miti e le specie trovano facile ospitalità.
Il Messaggero – 10 maggio 2013