Già avevamo sottolineato come EFSA sia costretta continuamente a chiedere ulteriori dati alle industrie che sottopongono richieste di autorizzazione per gli OGM. Dopo Pioneer, l’ennesimo caso arriva da Syngenta, che non ha potuto vedersi autorizzare il mais 3272 in ragione della mancanza di dati sufficienti.
Il mais in questione presenta un paio di nuove proteine.
Tale rifiuto, beninteso, non significa che il mais sia non sicuro, ma che non è stato possibile emettere un parere sulla base della metodologia sviluppata da EFSA per valuare gli OGM. Gli standard minimi delle linee guida di valutazione del rischio non consentono allo stato attuale di escludere preoccupazioni circa la salute umana ed animale. Uno degli aspetti invalidanti riguarda la valutazione comparativa della varietà GM con quella convenzionale “di controllo”(considerato sicuro).
Syngenta non avrebbe fornito una credibile varietà di controllo, con una carente storia di uso sicuro pregresso. Gli aspetti fenotipici, composizionali, nutritivi e agronomici non sono stati quindi adeguatamente comparati. Ci si è soffermati per lo più all’espressione delle due nuove proteine dell’evento genetico.
Incertezze
EFSA coglie l’occasione per dichiarare che in oltre il 98% dei casi non ha propriamente steso un tappeto rosso alla valutazione degli OGM, richiedendo semmai nuovi dati e bloccando la procedura di valutazione, in attesa di una maggiore presenza di elementi probatori. E questo è è accaduto anche in quest’ultimo caso. Interessante come le aziende manifestino una naturale ritrosia a non incontrare gli standard richiesti da EFSA, su un tema così delicato e al cuore della sensibilità dei cittadini europei.
Tra i punti più controversi, la allergenicità della proteina AMY797E, che è espressa dalla pianta GM. L’altra proteina, PMI, non avrebbe dimostrato tossicità o allergenicità. Le due proteine –stando ad analisi bioinformatiche- non hanno dimostrato una struttura chimica simile a tossine note: ma per la prima, EFSA non è stata in grado di asserire il potenziale allergenico, mentre per la seconda EFSA ha fornito rassicurazioni, sulla scorta di studi a 28 giorni nei ratti.
Da un punto di vista strettamente ambientale EFSA ha invece concluso che è improbabile che la pianta possa avere effetti avversi entro gli usi previsti per mangimi e alimenti, così come per “finalità di importazione, lavorazione e produzione di biocombustibile”.
90 giorni dopo
EFSA ha però negato validità agli studi sui ratti a 90 giorni, come sottoposti da Syngenta, ed in ragione della mancanza di un gruppo di controllo “vero”. Infatti il gruppo di controllo è stato alimentato con una altra varietà di mais GM Syngenta non considerata ugualmente “sicura” e con ben stabilita storia di uso- sebbene approvata commercialmente (“negative segregant”). Nei suoi documenti guida, EFSA spiega come tali varietà di controllo “negative segregant” non siano utilizzabili nel risk assessment. Nonostante questo, Syngenta ha deciso di sottoporre ugualmente tali prove a supporto della richiesta di valutazione.
Ricordiamo che la normativa europea è arrivata a prevedere feeding trial a 90 giorni come obbligatori per la valutazione del rischio.
Sicurezza Alimentare – Coldiretti – 26 giugno 2013