L’analisi. Per la burocrazia pubblica la linea più breve fra due punti è il gomitolo. Quasi tutti i testi di legge infatti obbediscono a questo principio. E se, per sbaglio, c’è qualche articolo comprensibile, ci pensa il parlamento a intorbidirlo nel corso dell’approvazione della legge.
Da questo intoppo si può sperare di uscire solo se si mandano a casa tutti i vertici dell’amministrazione pubblica che hanno avuto in mano, spesso ininterrottamente, il bastone del comando, negli ultimi vent’anni, se non di più. Come si può, per esempio, pensare di riuscire a privatizzare il patrimonio pubblico se coloro che sarebbero incaricati di farlo non sono riusciti a privatizzare nulla nell’ultimo quarto di secolo? Costoro, come sarebbe successo in qualsiasi impresa privata, debbono essere rimossi dall’incarico perché hanno dimostrato di non esserne all’altezza. Così vale per gli estensori delle leggi che sono sempre le stesse, qualsiasi sia il governo in carica. I ministri bazzicano il partito, vanno in tv, tengono comizi, partecipano a riunioni, coltivano il collegio. I disegni di legge glieli preparano gli alti burocrati con il copia e incolla. Prendiamo, per esempio, il recente provvedimento per rilanciare l’occupazione dei giovani. Dovrebbe creare 200 mila nuovi posti di lavoro. Sarà un successo se ne creerà un ventesimo. Il provvedimento è contorto, farraginoso, inutilmente precettivo. Per rilanciare l’occupazione (e anche perché è semplicemente giusto) sarebbe bastato pagare, entro sei mesi, tutti i debiti della p.a. alle imprese. Una misura del genere avrebbe tenuto in piedi imprese indebolite dal malfunzionamento dello stato; conservato i posti che ci sono; prodotto gettito tributario; generato potere d’acquisto che sarebbe stato immediatamente speso, così come scompare di botto l’acqua che piove su una terra arida. Ma questo provvedimento sarebbe stato rapido, diretto, non soggetto a interventi burocratici. Tutte cose, queste, che sottraggono potere alla burocrazia. I burocrati invece pensano al lavoro dei burocrati. La politica dovrebbe pensare al bene della gente. Ma la politica dove si è ficcata? L’avete forse vista, voi?
ItaliaOggi – 3 luglio 2013