La sanità veneta? Una «holding» che fattura 8,3 miliardi di euro l’anno, il 70% del bilancio della Regione, amministrata da 25 manager di altrettante Asl i cui confini vanno rivisti in fretta per superare la frammentazione tra micro e macroaziende.
È da questa considerazione che nasce la riflessione di Leonardo Padrin, il presidente della V Commissione che ha approvato le schede ospedaliere dopo una maratona di 24 ore. Una faticaccia interrotta solo per mangiare un panino, che ha visto più di qualche consigliere piegato dal sonno sui banchi di palazzo Ferro Fini. «La vera riforma della Usl del Veneto è materia del consiglio regionale che la deve affrontare con una legge ad hoc per il riordino della spesa. Sono convinto che i partiti avranno il coraggio di superare antiche rendite di posizione geografica per favorire la qualità dei servizi offerti ai cittadini», dice Padrin. I numeri. Con 58 mila addetti è un colosso con 51 ospedali guidati da 763 primari e 17.440 posti letto: nel 2002 i primari erano 864 e i posti letto 21 mila, 3 mila dei quali dei privati convenzionati. E si oscilla dai 2,89 pl per mille abitanti di Asolo ai 4,05 di Venezia, ma la classifica delle degenze è cambiata perché i pazienti si spostano sulla base della specializzazione dei reparti e del prestigio dei primari che li guidano. L’ascesa di Negrar. «Bisogna prendere atto di una nuova realtà. L’ospedale classificato ed equiparato Sacro Cuore – don Calabria di Negrar, nel Veronese, è al quinto posto nel Veneto per numero di ricoveri alle spalle di Padova, Verona, Treviso e Vicenza. Precede Venezia e quando sento dei colleghi alzare la bandiera per la difesa degli «ospedali-hub» di Belluno e Rovigo faccio fatica a comprendere le loro ragioni. Vince come sempre la competenza e se parliamo di oculistica i due centri di eccellenza sono il reparto di Chizzolini a Camposampiero e della Pertile a Negrar». La V commissione ha lavorato con grande senso di equilibrio, senza conflitti ideologici: dopo aver preso atto della delibera della giunta regionale che un anno fa tagliava 1200 posti letto, ha impostato la road map per i prossimo dieci-vent’anni». La novità dei «primarietti». C’è una nuova figura delineata dalla riforma, si chiama Usd (unità semplici dipartimentali), e verranno scelti dai direttori delle Asl: ne sono già state previste una trentina e tutti giurano che rispondono a criteri di specchiata professionalità. Le risorse da trovare. Il centrosinistra ha votato contro, con Pipitone (Idv) e Sinigaglia (Pd) tenacemente contrari ai tagli imposti dalla giunta veneta nel 2012. La vera sfida sta nel riequilibrio tra Padova e Verona: «In questi 15 anni di governo leghista della sanità, la città del Santo è stata ignorata con il beneplacito di Galan», si affretta a dire Claudio Sinigaglia. «Venezia-Mestre ha il nuovo ospedale all’Angelo, con un investimento di 240 milioni, quello dell’Alto Vicentino di Santorso ne ha assorbiti 170 e altri 160 milioni sono vincolati per il nuovo ospedale della Bassa padovana. Verona conta sul nuovo polo chirurgico ristrutturato con 203 milioni e Cà Foncello a Treviso riceverà 200 milioni per la ristrutturazione. Nella lista manca solo Padova: Zaia passi dalle parole ai fatti».
Il Mattino di Padova – 29 settembre 2013