Renzi sferra la prima mossa del 2014: scrive ai leader dei partiti per cambiare il Porcellum. E offre tre proposte di legge elettorale «molto diverse» ai suoi interlocutori, consapevole che il Pd non può fare da solo. Il primo modello è quello spagnolo, il secondo è il vecchio Mattarellum rivisitato in senso meno proporzionale; l’ultimo è il doppio turno usato per l’elezione dei sindaci. Tre soluzioni «maggioritarie».
A queste affianca, con un occhio particolare ai 5 Stelle di Grillo, la riforma del Senato in Camera delle autonomie locali con la cancellazione di ogni indennità per i senatori. Infine la modifica del Titolo V. Mostrano interesse Berlusconi e Alfano, solita chiusura dal M5S.
Ecco le proposte di Renzi. Scegliamo tra sistema spagnolo, quello del sindaco e Mattarellum rivisto
Matteo Renzi rompe gli indugi e sfida i partiti, proponendo tre modelli di legge elettorale possibili e invitando i leader di maggioranza e opposizione a un confronto già dalla prossima settimana. Con i consueti affondi contro «le stanche liturgie della politica», il segretario del Pd detta l’agenda, provocando reazioni contrastanti e alzando nuovamente la tensione con il governo. Perché tra i modelli proposti c’è quello spagnolo, molto gradito a Silvio Berlusconi (che infatti è tra i primi ad applaudire) e poco ad Angelino Alfano, partner del Pd nell’esecutivo delle larghe intese. E perché tra i temi dell’imminente patto di coalizione inserisce anche il capitolo Diritti civili. Mentre con un’intervista al «Fatto Quotidiano» rilancia la sfida a Beppe Grillo per cambiare «insieme» il Senato in Camera delle autonomie «risparmiando un miliardo» e contempla la possibilità di sforare il vincolo europeo del 3% nel rapporto tra deficit e Pil.
Il calendario
Renzi ha fretta: «Qualcuno mi dice: “Scusa Matteo, ti abbiamo votato l’8 dicembre e non hai ancora abolito il Senato e nemmeno cambiato la legge elettorale”. Hanno ragione loro». E quindi, «tiriamo giù le carte» senza attendere oltre: «Mi hanno detto: Matteo, “aspetta il ponte”. Non scherziamo! Sono vent’anni che la classe politica sta facendo il ponte. Partiamo dai». Il suo calendario prevede, dalla settimana prossima, «incontri bilaterali» con i singoli partiti. Poi, il 14 gennaio, quando la commissione Affari costituzionali entrerà nel vivo, un incontro con i senatori del gruppo Pd per «parlarci in faccia, senza troppi giri di parole». Mentre il 16 è convocata la Direzione sui temi del lavoro. Ma già domani si riunisce la segreteria. Non a Roma, come da tradizione, ma a Firenze, in «casa». Un segnale contro «la riunionite» della politica romana, che forse non sarà gradito a tutti i membri della segreteria (sono fiorentini solo Lorenzo Lotti e Maria Elena Boschi). Unica concessione: si comincia alle 11 e non alle 7, come al primo incontro.
Le proposte
Tre «soluzioni molto diverse», ma che «rispettano il mandato delle primarie». L’obiettivo è «togliere gli alibi agli altri». Perché «il Pd è decisivo, ma da solo non basta: la riforma “selfie” non esiste. Quando si fanno le riforme, si chiamano tutti gli altri partiti. Poi se uno non ci vuol stare, lo dice. Ma senza troppi di giri di parole. Davanti all’opinione pubblica».
Renzi ha messo nero su bianco i modelli in una lettera inviata a tutti i partiti. «Non imponiamo le nostre idee, ma siamo pronti a chiudere su uno di questi». Il primo è quello spagnolo: divisione in 118 piccole circoscrizioni, con premio di maggioranza del 15 per cento. Ogni circoscrizione elegge da 4 a 5 deputati. La soglia di sbarramento è al 5 per cento. Il secondo è la legge Mattarella rivisitata: «475 collegi uninominali e assegnazione del 25 per cento dei restanti attraverso l’attribuzione di un premio di maggioranza del 15 per cento, oltre al diritto di tribuna per il 10% del totale dei collegi». L’ultimo è il doppio turno di coalizione dei sindaci: «Chi vince prende il 60 per cento dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze o con collegi. Soglia di sbarramento al 5 per cento».
Oltre alla legge elettorale «maggioritaria», Renzi chiede di accelerare sulla trasformazione del Senato «in Camera delle autonomie locali con la cancellazione di ogni indennità per i senatori, non più eletti, ma tali per i loro ruoli in Comuni e Regioni». E chiede la riforma del Titolo V della Costituzione.
Ma c’è un post scriptum. Prendendo a spunto il caso delle 24 famiglie di italiani bloccate in Congo in attesa che si risolva l’iter per le adozioni internazionali, Renzi parla anche del contratto di coalizione, «che si dovrebbe siglare a gennaio». Nel patto inserisce il capitolo Diritti civili: «Che comprende non solo le modifiche alla Bossi-Fini, le unioni civili, la legge sulla cooperazione internazionale, i provvedimenti per le famiglie, ma anche una disciplina più moderna delle adozioni». E suggerisce di chiamare questi non più Diritti civili, ma Doveri civili.
Le reazioni
Tra i primi a dirsi d’accordo (oltre a Sel) c’è Silvio Berlusconi. Che plaude al «metodo» ma anche alla sostanza. Perché uno dei modelli, lo spagnolo, è amato da Forza Italia. Con una postilla: la riforma dovrebbe essere immediatamente seguita dalle elezioni, con una election day a maggio. Tema, quello della durata dell’esecutivo, al centro di uno scambio di tweet tra il direttore del Corriere e lo stesso Renzi. Scrive Ferruccio de Bortoli: «Tra le proposte di Renzi sulla legge elettorale sorprende quella spagnola che mette in crisi l’alleanza con Ncd. Letta ogni giorno a rischio». Replica il segretario pd: «E perché mai direttore? Noi siamo disponibili a una delle tre. Facciamo interesse degli italiani, non del Pd o degli alleati».
Di tutt’altro avviso, rispetto a Forza Italia, è il Nuovo Centrodestra. Già in passato Angelino Alfano aveva detto di preferire il sistema dei Sindaci d’Italia e lo ribadisce: «Siamo coerenti. Se si vuole si può. Noi la legge elettorale la vogliamo cambiare e subito». Gaetano Quagliariello, però, insiste anche sul metodo e chiede che si arrivi prima a un’intesa nella maggioranza. Il Movimento 5 Stelle reagisce negativamente con Roberto Fico e Luigi Di Maio: «Voteremo per il ritorno al Mattarellum. Renzi fa propaganda, vuole vestirsi addosso un vestito cucito su misura, perché ha paura di perdere». Poi arriva l’ordine di tacere, via messaggino dal capogruppo dei 5 Stelle.
Alessandro Trocino – Corriere della Sera – 3 gennaio 2014