In cima all’agenda del premier incaricato ci sono le riforme: il nuovo governo – ha annunciato Matteo Renzi – procederà al ritmo di «una al mese». Si parte dalla legge elettorale e dalle riforme costituzionali che saranno pronte entro febbraio, a marzo toccherà al lavoro, ad aprile alla Pubblica amministrazione, per chiudere i primi cento giorni a maggio con il fisco.
Si procede a passi serrati per affrontare le emergenze del Paese, e segnare quella svolta tanto attesa. Sul lavoro, dovendo fare i conti con un tasso di disoccupazione che ha superato il 12% e per i giovani ha raggiunto il picco del 41,6%, tra i più alti in Europa, l’obiettivo è quello di «incentivare le assunzioni a tempo indeterminato», spiega il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei. Con un doppio intervento: sul lato fiscale aggredendo il nodo del costo del lavoro attraverso «la riduzione del cuneo fiscale finanziata da tagli alla spesa corrente e dalla rimodulazione del carico fiscale» per «rendere l’intervento certo e duraturo». Per le imprese e i professionisti si punta ad un taglio dell’Irap che oggi grava sul costo del lavoro, sugli interessi passivi anche per chi è in perdita e sul valore della produzione. Mentre per i lavoratori si guarda alle detrazioni o alle aliquote Irpef; a fare la differenza saranno le risorse disponibili.
Sul piano normativo verrà introdotto un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti: per i primi tre anni viene sterilizzato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori con l’obbligo al reintegro, sostituito con un’indennità risarcitoria proporzionata al periodo lavorato, accompagnata dal sostegno alla ricollocazione tramite le politiche attive. Si sta ragionando anche di introdurre una retribuzione minima garantita per tutelare i redditi dei lavoratori esclusi dalla contrattazione. Quanto alla flessibilità in entrata, a seconda di come sarà declinato il contratto di inserimento, si ipotizza un intervento sul contratto a termine per estendere la cosiddetta acausalità, fino a 36 mesi. Si potrebbe lasciare la normativa invariata se verrà generalizzata l’applicazione del contratto di inserimento a tutele crescenti, invece di applicarlo al solo primo contratto o ai soli giovani under 35 anni. Il jobs act, tuttavia è ancora in una fase di bozza, e una volta completato si porrà anche il problema di se e come raccordarlo con le proposte presentate dalle altre gambe della possibile maggioranza, come quella che reca la firma dell’ex ministro Maurizio Sacconi (Ncd) e del giuslavorista di Scelta civica Pietro Ichino.
Il piano di riforme annunciato da Matteo Renzi ha nel mirino anche la pubblica amministrazione e, in particolare, la dirigenza con l’obiettivo di superare l’attuale assetto statico, introducendo incarichi non superiori ai 5 anni con l’obbligo di mobilità interamministrativa e la regola che in ogni caso nessun dirigente possa restare nella stessa amministrazione oltre i 10 anni. Per i dirigenti esterni “a chiamata” è prevista la costituzione di un albo unico.
Completa la road map tracciata dal premier in pectore, il capitolo riforme istituzionali: entro il mese potrebbe arrivare il via libera della Camera alla nuova legge elettorale, il cosiddetto Italicum. Dal Senato si attende, invece, il disco verde al Ddl Delrio, anche noto come lo “svuota province” che fa nascere le città metropolitane e incentiva le unioni tra i comuni.
Flussi programmati dalle imprese. cune materie chiave per lo sviluppo economico del paese: le grandi reti infrastrutturali e di trasporto, la produzione e la distribuzione di energia, la programmazione della strategia nazionale di turismo e i rapporti con l’Ue.
Con il secondo ddl verrà ridotto il numero dei parlamentari da 945 a 630 e superato il bicameralismo perfetto. Al posto del Senato ci sarà una camera delle autonomie formata da 150 rappresentanti: i 108 sindaci capoluogo di provincia, i 21 governatori, i due presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano e un manipolo di esperti nominati dal capo dello Stato. Tre i punti fermi: dovrà essere non elettivo; senza indennità e non dovrà esprimere il voto di fiducia nei confronti del governo (questa funzione verrà attribuita alla sola Camera). Uno invece l’obiettivo esplicito: risparmiare un miliardo. Fornero. Un’altra ipotesi è quella di accorpare in un’unica fattispecie queste due tipologie contrattuali con i voucher, innalzando l’importo del buono lavoro da 5 a 8mila euro, sul modello dei mini jobs tedeschi. Oggetto di riflessione anche il contratto a progetto che potrebbe essere cancellato per tornare alle collaborazioni coordinate e continuative. Con la presunzione di collaborazione per gli autonomi o i parasubordinati quando c’è un rapporto di monocommittenza ed entro un certo livello di reddito. Un capitolo del jobs act è dedicato alle politiche attive, con l’ipotesi di creare un’Agenzia nazionale per l’impiego su base federale per unificare politiche attive e passive, lasciando all’Inps il ruolo di soggetto erogatore delle prestazioni. Si conviene sull’esigenza di introdurre un sussidio universale che però, al momento risulta troppo costoso per il bilancio dello Stato. Pubblica amministrazione (canale unico di accesso alla dirigenza e superamento dei concorsi interni), albo unico nazionale dei dirigenti cui vengono assegnati incarichi non superiori a 5 anni con obbligo di mobilità interamministrativa e la regola che, in ogni caso, nessun dirigente possa restare nella stessa amministrazione oltre i 10 anni, costituzione di un albo unico per gli incarichi dirigenziali esterni “a chiamata”.
Infine il tassello di riforma che punta a ridurre alcuni perimetri di funzioni dello Stato e delle amministrazioni periferiche (con ulteriori soppressioni di enti giudicati inutili), da compiere in attuazione delle linee di intervento di spending review rafforzata che, pure, dovrebbero comporre il programma economico del Governo Renzi. Definitiva cancellazione della responsabilità solidale negli appalti sul fronte delle ritenute farebbe risparmiare alle imprese 1,2 miliardi di euro.
Oltre alle semplificazioni, come detto, il nuovo fisco targato Renzi passerà per l’attuazione della delega fiscale. Il Ddl è ormai giunto all’ultimo atto. Sono soltanto sei, tutti delle opposizioni, gli emendamenti presentati ieri in commissione Finanze della Camera al testo giunto dal Senato in terza lettura. Una rapida attuazione del nuovo fisco poterebbe passare per la semplificazione dei regimi contabili, la determinazione del reddito per cassa, la codificazione dell’abuso del diritto con la revisione delle sanzioni, nonché per l’introduzione dell’Iri. Capitolo a parte la casa con la revisione del catasto da far viaggiare rapidamente per restituire equità all’intero sistema.
Ipotesi lavoro a tempo senza causale
L’AGENZIA In cantiere un’Agenzia nazionale per l’impiego per unificare politiche attive e passive. L’Inps diventa ente erogatore delle prestazioni
Un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, con una prima fase di inserimento – della durata di 3 anni – in cui si sterilizza l’articolo 18 con l’obbligo di reintegro, sostituendolo con un’indennità proporzionata al periodo lavorato, accompagnata dal sostegno alla ricollocazione tramite le politiche attive. Superato il primo step, scatta la fase “ordinaria” del contratto con le tutele previste dalla legge.
È intorno a questo schema che si sviluppa il jobs act, il piano per il lavoro del Pd, che il premier incaricato Matteo Renzi ha annunciato di aver messo nell’agenda di governo per il mese di marzo, ma che ancora è ad uno stadio di bozza. Il contratto di inserimento, nel piano del Pd, dovrebbe rendere più appetibili le assunzioni a tempo indeterminato garantendo più flessibilità nell’uscita, sia pure solo nella fase iniziale, fatta eccezione per i licenziamenti discriminatori per i quali continuerà ad essere applicata la tutela reale dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Diversi aspetti della proposta sono ancora oggetto di riflessione: ad esempio per l’indennità risarcitoria che scatta nella prima fase, potrebbe essere stabilito un tetto massimo con l’obiettivo di renderla meno onerosa per le imprese.
Si sta ragionando anche di introdurre una retribuzione minima garantita per tutti i lavoratori per fissare – sulla scia degli altri paesi europei e degli Usa – un reddito minimo orario da applicare anche a tutta quella platea del mondo del lavoro esclusa dalla contrattazione, che peraltro è anche più debole (precari, donne che rientrano dopo la maternità, immigrati). Tornando al contratto di inserimento, i tecnici di area Pd, i giuslavoristi e professori universitari coinvolti nella stesura della proposta, stanno discutendo del campo di applicazione: se restringerlo al primo contratto della vita lavorativa o agli under 35, oppure generalizzarlo a qualsiasi assunzione (senza limiti d’età e di numero di rapporti di lavoro precedenti). A seconda dell’ipotesi che verrà scelta si interverrà sulle altre tipologie contrattuali.
Per i contratti a tempo determinato si potrebbe togliere l’obbligo di causale estendendo la acausalità (che libera l’imprenditore dall’obbligo di specificare le ragioni per cui stabilisce un termine al contratto) dagli attuali 12 a 36 mesi. Se, invece, sarà “liberalizzato” il contratto di inserimento a tempo indeterminato, il contatto a termine non dovrebbe subire modifiche. Verrà ridotto il numero dei contratti flessibili: in odore di abrogazione il lavoro a chiamata e quello ripartito, il cosiddetto job sharing, già oggi poco utilizzati per i vincoli introdotti dalla legge
Il Sole 24 Ore – 18 febbraio 2014