“Non nascondiamo gli errori” Oggi Susanna Camusso sarà rieletta ma vincono le correnti , si voteranno tre documenti diversi. “ Dobbiamo cambiare non perché ce lo chiede Renzi, ma perché ce lo chiedono i precari, i lavoratori e i giovani”. “ Siamo partiti uniti e siamo spaccati, grazie alla Camusso. Non si risolve la situazione a colpi di maggioranza
«Non dobbiamo nasconderci le nostre difficoltà e i nostri errori, altrimenti è solo questione di tempo e faremo la fine dei partiti». Maurizio Landini dice ad alta voce quello che in molti pensano nella grande sala rossa del Palacongressi di Rimini. Ma dirlo è politicamente scorretto. Il leader della Fiom va anche così all’opposizione di Susanna Camusso. Il congresso della Cgil doveva concludersi unitariamente, invece finirà oggi, sì con la scontata rielezione della Camusso, ma anche con la votazione su tre distinti documenti: quello della maggioranza (che rappresenta circa l’86 per cento), quello di Landini (quasi il 12 per cento) e quello di Giorgio Cremaschi (il 2,4 per cento). Una spaccatura. Che riguarda la linea politica ma pure la gestione interna dell’organizzazione.
Sì, certo, c’entra anche Renzi. C’entra l’accusa di conservatorismo rivolta dal presidente del Consiglio e segretario del Pd, alle confederazioni Cgil, Cisl e Uil. C’entra perché ha costretto tutti a parlarne, ad accelerare una discussione, e a rispondergli. E Landini, in un’operazione per tanti aspetti convergente con quella di Renzi, nonostante abbia voluto precisare di «non avere alcuna intenzione di essere usato dall’una o dall’altra parte », ha risposto a modo suo. Il premier, dunque, dice che i bilanci dei sindacati andrebbero tutti pubblicati on line, dice che bisogna capire meglio le traiettorie delle risorse pubbliche che finiscono nelle casse sindacali, dice che bisogna dimezzare i permessi sindacali nel pubblico impiego che costituiscono una spesa per tutti, non solo per chi è iscritto alle organizzazioni sindacali. Landini risponde ammettendo che c’è un problema di trasparenza nella vita sindacale che riguarda la gestione delle risorse ma anche le procedure democratiche delle decisioni. «Il problema — sostiene — è se siamo in grado di costruire una casa di vetro, trasparente. Dire come spendiamo le risorse, come prendiamo le decisioni, fino ad arrivare ad un codice etico. Perché la gente pensa che noi siamo pagati dallo Stato». Dunque, qualcosa si è inceppato nel complesso ingranaggio che fa funzionare un’organizzazione da 5,7 milioni di iscritti, se il ca- po della federazione più antica arriva a parlare della necessità di un “codice etico” dal palco del congresso confederale. È inutile far finta di nulla. In più fuori dalla “casa Cgil” c’è un «terremoto », spiega Landini, che riguarda innanzitutto la frantumazione del mondo del lavoro provocata anche dalla globalizzazione dell’economia. Un processo chiaramente senza ritorno. E con questo si deve fare i conti fino in fondo.
Nei quindici minuti a disposizione, Landini, costretto come altri a concludere l’intervento a microfono spento per aver sforato il tempo, non dice come fare. Ma di sicuro bisogna cambiare «non perché ce lo chiede Renzi, ma perché ce lo chiedono i precari, i lavoratori, i giovani». C’è una crisi di rappresentatività che non si può nascondere. C’è un eccesso di burocrazia che spesso finisce per schiacciare l’iniziativa sindacale. Che si debba cambiare lo sostiene anche il segretario dei pensionati, Carla Cantone, «altrimenti — aggiunge — rischiamo di fare la fine dei polli di Renzi». Perché Renzi è lo sfidante, Renzi è il convitato di pietra di questo congresso del tutto anomalo, nato in un modo e finito in un altro.
Quello di Landini era l’intervento più atteso ieri dopo la relazione di martedì di Susanna Camusso. È stato ascoltato in rigoroso insolito silenzio. E ha preso gli applausi Landini, provenienti non solo dai delegati della Fiom. Soprattutto quando ha attaccato direttamente i leader di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. O meglio: quando ha criticato gli applausi che proprio il congresso ha riservato loro. «Mi vengono i capelli dritti in testa quando sento gli applausi a Bonanni che si dichiara paladino della democrazia. Lui che ha fatto gli accordi separati, lui che ci ha estromesso dai tavoli con la Fiat. E lui viene qui a farci una lezione di democrazia? Ma stiamo scherzando?». Eppure questo è un punto centrale nella ritrovata unità d’azione fortemente voluta dalla Camusso. La Cgil ha scelto Cisl e Uil, non la Fiom. Landini glielo rimprovera: «Credo che l’unità della Cgil venga prima. Credo che non averla ricercata sia oggi un errore strategico». E d’altra parte, va bene la vertenza sulle pensioni: «Ma come si può dire che quella sulle pensioni sia stata una sconfitta se non è mai stata giocata la partita? Noi non li abbiamo ostacolati. E il consenso a Renzi è anche figlio delle cose che noi non abbiamo fatto».
Renzi al congresso non è voluto venire. Ieri è arrivato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Una breve visita di cortesia con applausi e qualche fischio al suo ingresso in sala. Ma la conferma di una linea ormai netta: «Ascolto tutti ma poi decido. Nel passato si sono commessi tanti errori per non aver deciso. La musica è cambiata», dice renzianamente. Questa sembra la fine della “vetocrazia” sindacale. Oggi la risposta di Susanna Camusso.
Repubblica – 8 maggio 2014