Legittima la contribuzione per la buonuscita dei dirigenti sanitari. Non viola la Costituzione per quanto riguarda la copertura delle spese (art. 81). Lo stabilisce la sentenza n. 132/2014 di ieri dalla Corte costituzionale, che dichiara non fondata la questione di legittimità dell’art. 3-bis, comma 11, del digs n. 502/1992, sollevata dal Tribunale di Trento in funzione di giudice del lavoro.
La norma inquisita stabilisce che la nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto, entro 60 giorni dalla richiesta. Stabilisce inoltre che tutto il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e che, a tal fine, le relative amministrazioni di appartenenza effettuano il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito nei limiti dei massimali di legge
La questione è sorta a seguito di ricorso di un lavoratore che ha chiesto all’Inps il rimborso dei contributi versati durante il mandato di direttore generale ai flni dell’indennità premio di servizio (a suo dire maggiori rispetto all’indennità percepita). Secondo il Tribunale di Trento, per decidere il ricorso, è necessario risolvere prima la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3-bis nella parte in cui, commisurando l’indennità premio di servizio al trattamento retributivo effettivamente percepito in relazione all’incarico di direttore generale (oppure di direttore amministrativo o di direttore sanitario) delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale (in luogo del precedente riferimento costituito dal trattamento retributivo previsto in relazione al rapporto di lavoro dipendente in corso di svolgimento al momento di assumere il nuovo incarico) comporta oneri aggiuntivi per il bilancio Inps (succeduto ex lege all’Inpdap), così violando l’art. 81 della Costituzione, in quanto il legislatore delegato non avrebbe indicato i mezzi per fare fronte alle nuove e maggiori spese. Per la suprema Corte la norma è legittima e non contraria alla Costituzione.
Carla De Lellis – ItaliaOggi – 17 maggio 2014