La famiglia avrà il 9% del gruppo scandinavo. Un mese fa la rinuncia allo sbarco in Borsa. C’è un altro settore, oltre la moda, che da sempre è blandito e corteggiato all’estero: la farmaceutica. Stavolta a prendere il largo è la Rottapharm della famiglia Rovati, la stessa azienda che circa tre settimane fa rinunciò sul filo di lana alla quotazione.
L’acquirente è la svedese Meda, a sua volta recente protagonista della scena finanziaria per aver rifiutato per ben due volte le avances degli americani di Mylan, che migliorato la loro offerta lo scorso aprile. Meda ha messo sul piatto una valorizzazione dell’azienda italiana pari a 2,275 miliardi di euro, compresivi di circa 300 milioni di debito. La sola parte “equity” di Rottapharm dunque è pari a 1,975 miliardi, più di quanto avrebbe capitalizzato il gruppo nel caso in cui l’Ipo fosse andata in porto al prezzo più alto (1,8 miliardi). Dal canto suo Meda fa a sua volta un matrimonio di interesse: ha selezionato la “preda” in una short list di dieci società – cha spiegato il numero uno Joerg-Thomas Dierks – con l’obiettivo di raddoppiare le dimensioni. Quindi, complementarietà del business (i farmaci e prodotti prescrivibili ma non necessariamente rimborsabili, oltre alla linea per la cura della persona) molte sinergie e poche sovrapposizioni (tanto che Meda conta di ottenere sinergie pari a 100 milioni l’anno a regime, dal 2016) e molte potenzialità di sviluppo nei Paesi emergenti. Insieme Rottapharm e Meda hanno ricavi aggregati pro forma di 1,9 miliardi nel 2013 ed un margine operativo lordo di 550 milioni. I Rovati incasseranno un ricco assegno, ma avranno anche una partecipazione corposa nella nuova realtà (Meda più Rottapharm) grazie ad un aumento di capitale dedicato che li renderà i primi azionisti dopo gli svedesi, con una quota del 9%. Ai Rovati andranno dunque i 1975 milioni di euro (il valore dell’equity della società), di cui 357 milioni (di controvalore) in azioni Meda e 275 milioni differiti al 2017 (ma non subordinati a nessuna condizione). Per quanto non sia compreso nelle comunicazioni ufficiali al momento (il closing è previsto tra qualche mese) la società di famiglia, la Fidim, provvederà comunque a cancellare il debito intercompany tra la holding e Rottapharm, pari a circa 260 milioni. Lo stesso impegno era stato preso dai Rovati quando avevano intrapreso la strada dell’Ipo. E anche stavolta è stata tenuta fuori dalla trattativa con gli svedesi la parte Biotech, che continuerà ad essere di esclusivo apparato della famiglia. Insomma, il lavoro fatto per la quotazione è servito anche per concludere in tempi rapidi la cessione a Meda: i negoziati, a quanto si può ricostruire, erano partiti in una fase precedente all’avvio dell’iter di quotazione — anche se non troppo prima — e sono stati agevolati dall’aver realizzato una due diligence e messo a punto gli aspetti operativi e finanziari della società da conferire. Insomma un dual track (doppio binario) quasi perfetto nella tempistica e che probabilmente avrebbe visto preferire la strada del listino se le valutazioni degli investitori fossero in linea con quelle dell’attuale acquirente (che ha un’ottica industriale e anche “difensiva”, per risultare più indigesto per un nuovo eventuale predatore; dunque, sulla carta più generoso).
Repubblica – 1 agosto 2014