Il Ddl delega “Jobs act” riprende oggi il cammino al Senato, dopo la pausa estiva. Ma le divisioni all’interno della maggioranza nel frattempo si sono ampliate: oltre all’articolo 4 sul riordino delle forme contrattuali che è stato accantonato poichè impatta sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, anche la riscrittura dello Statuto dei lavori annunciata dal premier Matteo Renzi divide Pd (che premeperun intervento parziale) e Ncd.
Per il presidente della commissione lavoro e relatore del Ddl, Maurizio Sacconi (Ncd) serve una delega di ampia portata per riscrivere lo Statuto dei lavoratori, la legge 300 del 1970: «La delega al governo deve essere ampia e senza inibizioni – afferma –, deve consentire di riformare le tutele del lavoratore nel complesso del mercato del lavoro quale contesto per cambiare le tutele specifiche nel singolo rapporto di lavoro.
La delega deve consentire il passaggio dal vecchio Statuto dei lavoratori ad un Testo unico semplificato». Sacconi ripropone la posizione contenuta nell’emendamento Ichino all’articolo 4 del Ddl, sottoscritto dai capigruppo dell’area centrista della maggioranza, ovvero Scelta Civica, Popolari per l’Italia e Svp. Nel merito, per Sacconi «la nuova regolazione deve diventare funzionale a che imprese e lavoratori dialoghino e contrattino di più nella dimensione aziendale in modo da alzare i livelli di produttività», sulla stessa lunghezza d’onda delle riforme approvate in Spagna e in Germania.
Diversa la posizione del Pd, che martedì ha riunito deputati e senatori, alla presenza del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, del responsabile economico Filippo Taddei per stabilire una linea comune da sostenere nei due rami del Parlamento. «La delega lavoro potrà essere approvata rapidamente solo se gli obiettivi da conseguire saranno fortemente selezionati – afferma il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano–. Nonsi possono riscrivere tutti e 41 gli articoli dello Statuto, maalcune parti comel’articolo 4 che vieta gli impianti audiovisivi per i controlli a distanza, o il 19 sulle Rsa per dare rappresentanza ai sindacati più rappresentativi. I decreti attuativi dovranno essere totalmente coerenti con gli indirizzi della delega, non daremo cambiali in bianco». La maggioranza, peraltro, ancora è alla ricerca di un accordo sul contratto a tutele crescenti, con Ncd, Sc, Ppi e Svp che propongono di cancellare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ai contratti a tempo indeterminato, sostituendo il reintegro in caso di licenziamento illegittimo con il pagamento di un’indennità crescente in base all’anzianità di servizio (lasciando il reintegro solo per i licenziamenti discriminatori).
Mentre il Pd vuole congelare l’applicazione dell’articolo 18 solo per la fase iniziale, di inserimento, dopodichè la reintegra verrà ripristinata se il lavoratore sarà stabilizzato, e l’impresa avrà un forte abbattimento del costo del lavoro. «Il contratto di inserimento a tutele crescenti potrebbe essere applicato anche agli over 50 che devono essere ricollocati – propone la capogruppo Pd in commissione Lavoro del Senato, Annamaria Parente –. Sul Jobs act serve un accordo politico nella maggioranza, va concordata una linea comune tra Camera e Senato, per approvare il Ddl nei tempi previsti, entro metà dicembre».
In questo quadro oggi la commissione Lavoro inizierà a votare alcuni emendamenti che erano stati accantonati ai 5 dei 6 articoli di cui si compone il Ddl, in attesa dei pareri della commissione Bilancio. Non è ancora stata fissata una riunione tra maggioranza e governo per cercare una linea comune.
Il Sole 24 Ore – 4 settembre 2014