Anche la riforma Madia, com’era successo alla riforma Brunetta, non volerà sulle ali di un rinnovo del contratto del pubblico impiego. Ieri il ministro della Semplificazione della Pa ha anticipato in Senato che – causa mancanza di risorse – il blocco dei contratti degli statali sarà confermato anche per il 2015 con la prossima legge di stabilità. «In questa situazione in cui il governo è impegnato a tirar fuori il Paese dalla crisi – ha spiegato il ministro – l’alleanza prima di tutto è con chi ha più bisogno, quindi confermiamo gli 80 euro che vengono destinati anche ai dipendenti pubblici. Ma in questo momento le risorse per sbloccare i contratti non ci sono perché l’Italia è ancora in una situazione di difficoltà economica». La proroga del blocco dei contratti per altri 12 mesi dovrebbe tradursi in un risparmio sul prossimo anno di 2,1-2,5 miliardi. Leggi i comunicati Cosmed e Fvm
Mentre dal 2010 al 2014 i risparmi già cumulati sui contratti pubblici sarebbero arrivati a 11,5 miliardi (il calcolo è basato su un indice Ipca depurato dai prodotti energetici che in prospettiva rischia di diventare negativo a causa della deflazione). Nel 2014 i redditi da lavoro dipendente si fermeranno a 161,9 miliardi (10,1% del Pil). Si tratta di un taglio, quello fatto fin qui, tanto importante quanto invisibile perché già iscritto nella legislazione vigente, ove non si prevedono i rinnovi contrattuali se non a consuntivo. In busta paga, la perdita media cumulata calcolata da Michele Gentile, responsabile dei Settori pubblici Cgil, sale così a 4.800 euro, 600 dei quali nel prossimo anno. I sindacati hanno subito reagito alle dichiarazioni della Madia. La Cgil ha parlato di blocco inaccettabile e annuncia la mobilitazione. «Senza unpasso indietro del Governo, senza certezze sulla riapertura della contrattazione nel pubblico impiego torneremo nelle piazze» ha affermato Rossana Dettori, segretaria Generale dell’Fp-Cgil. Mentre Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl-Fp, s’è detto «preoccupato e deluso dall’incapacità di questo governo. Altro che cambiamento, qui siamo al gioco delle tre carte: ancora una volta si tira fuori la scusa delle risorse che mancano e si perpetua l’ingiustizia a danno dei lavoratori pubblici».
Ieri ha preso il via in commissione Affari costituzionali del Senato l’esame del ddl delega sulla riforma della Pa. Martedì prossimo si riunirà l’ufficio di presidenza della commissione per stabilire il calendario dei lavori con il consueto ciclo di audizioni. Sempre per martedì è prevista una nuova riunione della commissione. Marianna Madia punta a chiudere l’esame del ddl entro fine anno. Tuttavia «se la discussione procede spedita e serviranno uno o due mesi in più, per me va bene, l’importante è che non si vada in letargo» ha affermato.
Intanto dopo la circolare del Dipartimento Funzione pubblica che ha reso effettivo il taglio sui permessi e i distacchi sindacali, procede il cantiere dell’attuazione del Dl 90, convertito in legge in agosto e in vigore da martedì 2 settembre. Per far muovere la prima gamba della riforma è prevista, forse già per la prossima settimana, una convocazione dei sindacati per definire le tabelle di equiparazione e le procedure necessarie per attivare la mobilità volontaria e obbligatoria prevista tra diverse amministrazioni entro un raggio di 50 chilometri. Se non si dovesse giungere a un’intesa il ministro potrà procedere autonomamente ad attivare il meccanismo dopo un passaggio in Conferenza unificata.
Complessivamente sono 34 gli atti formali, tra decreti ministeriali, Dpcm e circolari, previsti per l’attuazione del decreto e per la maggior parte dei casi ne è previsto il varo entro 2 o 3 mesi dall’entrata in vigore della legge. A questi si potrà aggiungere un’altra decinadi atti informali sempre di carattere applicativo. Il provvedimento più curioso è forse la prevista lettera alla Bce che Marianna Madia spedirà domani a Francoforte per ottenere il parere sull’incompatibilità che scatta anche per gli organi di vertice e i dirigenti di Bankitalia e Ivass su ruoli o collaborazioni in società controllate nel primo biennio successivo alla cessazione dell’incarico originario. Dopo la lettera Madia-Draghi seguirà un Dpcm che regolerà queste incompatibilità insieme a quelle previste per le altre nove autorità indipendenti nell’ambito della razionalizzazione che dovrà essere fatta. (Il Sole 24 Ore)
Pa, contratto congelato anche l’anno prossimo. Per i lavoratori una perdita di 4.800 euro
Il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, mette la parola «fine» allo sblocco dei contratti per oltre 3 milioni di dipendenti pubblici: resteranno fermi anche nel 2015: «In questo momento le risorse non ci sono perché l’Italia è ancora in una situazione di difficoltà economica». Niente da fare, dunque. Il risparmio per la spesa pubblica, secondo quanto cifrava il Def (Documento di economia e finanza) ad aprile, ammonteranno a 2,1 miliardi.
La notizia dell’ennesima proroga, i rinnovi sono fermi dal 2010, scatena i sindacati: «Se il governo Renzi pensa di umiliare ulteriormente i dipendenti pubblici» allora «la nostra risposta non potrà essere che la mobilitazione» è la risposta immediata della Cgil Funzione pubblica, per bocca del segretario generale Rossana Dettori, che annuncia: «Senza un passo indietro del governo, torneremo nelle piazze». «È l’ennesima prova del bluff che sta dietro a un esecutivo che non sa fare neanche il minimo sindacale» aggiunge il segretario generale della Cisl-Fp, Giovanni Faverin.
«Il governo sta cercando di portare avanti un’alleanza per aiutare chi ha più bisogno, al di là dei blocchi precostituiti» si difende Madia. «In questa situazione di crisi — sottolinea — l’alleanza che facciamo è prima di tutto con chi ha più bisogno. Il bonus di 80 euro è lo sblocco a chi guadagna di meno». Ma per la Cgil il bonus non compensa le perdite subite dai dipendenti pubblici che ammonterebbero a 4.800 euro se la proroga venisse confermata anche nel 2015: il fermo per l’anno prossimo vale circa 600 euro in meno, che vanno sommati ai 4.200 euro di mancati aumenti registrati fino a oggi.
Un nuovo blocco della contrattazione nel pubblico impiego vorrebbe dire che «i contratti nazionali non esistono più» commenta il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. Ma anche che si chiude definitivamente la forbice tra le retribuzioni pubbliche, tradizionalmente più ricche, e quelle private. Secondo l’ultimo rapporto dell’Aran (l’agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego), nel 2010 la retribuzione contrattuale media pro capite per impiegati e quadri pubblici era di 27.472 euro lordi contro i 25.531 del privato. Nel 2013 lo scarto si era ridotto già a meno di 500 euro: 27.527 euro nel pubblico contro 27.044 nel privato.
Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, attacca: «Togliessero i soldi agli enti locali, alle Regioni, ai Comuni e alle aziende municipalizzate, non ai dipendenti statali. Stiamo ancora aspettando iniziative di Spending review ».
Per la Uil il blocco dei contratti «è la classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno veramente caldo nel pubblico impiego».
Alza la voce anche il sindacato Cocer carabinieri che «non ha mai protestato sui blocchi contrattuali, perché ritiene sia il giusto contributo da pagare per il risanamento del Paese» ma che chiede «la fine dell’ingiusto blocco del tetto salariale, che si protrae ormai da quattro anni da parte di tutti i governi». Il Cocer, «nell’esortare i vertici dell’Arma di ogni ordine e grado a un rigido rispetto delle norme contrattuali affinché al carabiniere non venga più ordinato il prolungamento del servizio giornaliero oltre il normale turno di servizio previsto, comunica che d’ora in poi effettuerà varie iniziative atte a denunciare le condizioni precarie in cui operano i carabinieri».
Per il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, il governo «sembra essere in stato confusionale» perché da una parte annuncia l’assunzione di 150 mila precari della scuola, dall’altra blocca i contratti pubblici. «Il governo con una mano dà e con due mani toglie» commenta il coordinatore nazionale di Sinistra Ecologia Libertà, Nicola Fratoianni, riferendosi al bonus di 80 euro.
Cerca di sedare gli animi il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che a Skytg24 dice che il lavoro del governo nel mese di settembre sarà «molto importante: non darei nulla per definito».
Intanto nella commissione Affari costituzionali del Senato è iniziato l’esame della delega di riforma della Pubblica amministrazione. I senatori torneranno a riunirsi martedì, per l’ufficio di presidenza che deciderà il calendario dei lavori. Il relatore conferma l’obiettivo, indicato ieri da Madia, di terminare l’esame del provvedimento, da parte del Parlamento, entro la fine dell’anno. Al massimo entro febbraio. (Il Corriere della Sera)
Stipendi pubblici bloccati. I sindacati: senza un passo indietro torneremo in piazza
Le risorse non ci sono: gli stipendi dei dipendenti pubblici rimarranno bloccati anche nel 2015. A dare l’annuncio, gelando le speranze degli oltre tre milioni di lavoratori del pubblico impiego che si auguravano di vedere aumentare finalmente le loro remunerazioni, ferme dal 2010, è il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Una notizia che i sindacati temevano, ma che mai era stata finora confermata dall’esecutivo, e che li fa infuriare: «Senza un passo indietro del governo – avverte ora la Cgil – torneremo nelle piazze».
«I contratti sono stati bloccati all’inizio della crisi», sa bene il ministro, ma le difficoltà economiche non sono finite, per cui tutti, «governo e parti sociali», ragiona la Madia, devono lavorare per uscirne. «In questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono», ammette parlando con i cronisti al Senato, dove, in Commissione affari costituzionali, ha preso il via la discussione sulla legge delega sulla Pubblica amministrazione. E quindi, se risorse per tutti non ci sono, «l’alleanza che facciamo è prima di tutto con chi ha più bisogno», spiega, il che significa che la scelta che il governo fa è quella di «confermare gli 80 euro, che vanno anche ai lavoratori pubblici». Ma significa anche che ancora nel 2015 i dipendenti della PA – dagli insegnanti ai dipendenti dei ministeri alle forze armate – non vedranno nessun aumento in busta paga: il che comporterà per loro, secondo i calcoli della Cgil, una media di 600 euro in più di perdita, per un totale di 4.800 euro da quando il blocco è iniziato. Quanto questo stop degli stipendi durerà ancora, si capirà meglio solo nella legge di stabilità: la cosa più ragionevole, spiega lo stesso ministro, sarebbe «farlo di anno in anno».
«Togliessero i soldi agli enti locali, alle Regioni, ai Comuni e alle aziende municipalizzate, non ai dipendenti statali. Stiamo ancora aspettando iniziative di spending review», sbotta il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. Non rassicura il fatto che, come dice il sottosegretario all’Economia Baretta, il lavoro di settembre sarà importante e «non darei nulla per definito». Si tratta, dice il responsabile Cisl Fp Giovanni Faverin, della «ennesima prova del bluff che sta dietro ad un esecutivo che non sa fare neanche il minimo sindacale. Segno evidente che non basta essere giovani, se poi non si dimostra di essere anche competenti». Prevedibili le critiche dei sindacati alla Madia: «È intollerabile che dopo aver promesso il contrario, oggi la ministra comunichi la prosecuzione del blocco della contrattazione. E che lo faccia come sempre a mezzo stampa, liquidando la pratica», attacca Rossana Dettori, segretaria generale dell’Fp-Cgil, «se il governo Renzi pensa davvero di umiliare ulteriormente i dipendenti pubblici, sottoponendoli a continui rimandi sul proprio futuro e contrapponendo il loro diritto al contratto all’interesse generale, la nostra risposta non potrà essere che la mobilitazione». Stessa minaccia, quella dell’agitazione e della piazza, che arriva dalla Confsal-Unsal. Mentre la Uil, prima ancora delle parole del ministro, già davanti all’idea di un blocco dei salari evocava l’ipotesi di un «autunno caldo».
Anche perché, insistono le parti sociali, i lavoratori pubblici hanno già fatto la loro parte in questi anni: secondo i dati della Ragioneria dello Stato, relativi al 2012, in quattro anni il loro numero è diminuito di 200mila unità e i loro stipendi sono tornati nel 2012 a livello del 2009, diminuendo dello 0,9%. (La Stampa)
4 settembre 2014