Paolo Baroni. Il governo puntava ad accelerare l’iter della legge di stabilità per votare oggi la fiducia al Senato e fare il bis lunedì alla Camera e chiudere così «al volo» tutto il pacchetto. In realtà, dopo aver deciso di arrivare in aula col testo aperto, senza il mandato al relatore, si è scoperto che lo sprint finale era più complesso del previsto. Il dibattito in aula è iniziato solo alle 15 anziché alle 9.30, ma l’ennesimo maxi emendamento del governo annunciato per le 20 a sera, per le solite «ragioni tecniche» non era pronto e tutto è slittato a questa mattina alle 10.
Il governo, anticipando alla riunione dei capigruppo l’intenzione di procedere col voto di fiducia (ma potrebbero anche essere tre su tre differenti parti del testo come è già avvenuto a Montecitorio), ha assicurato che il nuovo testo conterrà tutte le modifiche votate in commissione Bilancio e, come ha assicurato il sottosegretario all’Economia Baretta, i punti già condivisi nel corso del dibattito in commissione. E mentre il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri punta il dito contro l’«incapacità» del governo, non sono pochi a temere possibili sorprese da parte dell’esecutivo. A questo punto «non ci sono garanzie – ha spiegato il relatore Giorgio Santini -. Ora il padrone del provvedimento è il governo, ma sorprese non ce ne dovrebbero essere».
Il caso Province
In assenza di notizie certe da Roma, intanto, in molte parti d’Italia, da Torino alla Toscana, è scoppiata la protesta dei dipendenti delle province. Assemblee, presidi e sit-in un poco ovunque, e sedi occupate in pianta stabile a Firenze, Pisa e Massa Carrara, in anticipo rispetto alla giornata di mobilitazione nazionale promossa per oggi da Cgil, Cisl e Uil. In tutto i posti a rischio sarebbero circa 20 mila, compresi 8 mila dipendenti dei centri per l’impiego. Secondo Santini, però, «nessun lavoratore verrà licenziato. Dal primo gennaio – ha assicurato – scatterà un percorso di mobilità e per due anni conserveranno il posto. Dopo i due anni scatteranno le regole in vigore che prevedono che i lavoratori prendano l’80% dello stipendio». Resta il nodo dei lavoratori a tempo determinato il cui contratto scade il 31: per loro si ipotizza una proroga forse col Milleproroghe.
Le misure confermate
Nel corso dei lavori notturni, terminati attorno alle 3.30, la commissione aveva nel frattempo confermato molte disposizioni già annunciate come l’introduzione dell’election day a maggio per fare votare assieme 7 regioni e 1056 comuni che farà risparmiare 100 milioni di euro, il passaggio a Terna della rete elettrica delle Fs, e le norme sulle Poste (dal trasferimento di 535 milioni in esecuzione di una sentenza europea alla possibilità di rendere più flessibile e meno oneroso per la società il servizio di posta universale). Interventi che si vanno a sommare a quelli già votati in precedenza come gli «sconti» concessi a fondi e casse previdenziali, fondazioni e patronati.
Tasi, Irap e canone Rai
Via libera anche all’emendamento del Governo che blocca, anche per il 2015, il livello massimo di imposizione della Tasi previsto per il 2014 al 2,5 per mille. Congelato, sempre sui livelli del 2014, anche il canone Rai che resta a 113,5 euro. Confermata pure la sterilizzazione dell’aumento dell’Irap per i piccoli imprenditori senza dipendenti. In questo modo a pagare di più saranno «solamente» 100mila imprese.
Gara per il Lotto
Alla disperata ricerca di nuove risorse il governo ha deciso di anticipare al 2015 la gara per l’assegnazione della concessione del gioco del Lotto in scadenza nel 2016. Fissata una base d’asta di 700 milioni già dal 2015 il governo potrà contabilizzare la bellezza di 350 milioni.
La Stampa – 19 dicembre 2014