Il meccanismo, annunciato nella legge di stabilità per il 2015, che regola la tassazione del Tfr impone una valutazione caso per caso, al fine di valutare gli effetti della disposizione. Secondo il ddl, il lavoratore – a partire dal prossimo mese di marzo – avrà la possibilità di riscuotere le quote di Tfr maturando direttamente nel cedolino paga, con cadenza mensile.
Tassazione non più separata
In primo luogo, occorre evidenziare il fatto che, mentre la regola generale impone l’assoggettamento del trattamento di fine rapporto a tassazione separata, l’anticipazione mensile dovrà avvenire con applicazione delle aliquote Irpef ordinarie. Per semplificare, la tassazione separata è ottenuta a seconda del numero di anni e frazioni di anni di anzianità di servizio: il risultato è una tassazione che – nella maggior parte dei casi – è sensibilmente più bassa di quella ordinaria.
Va comunque ricordato come l’imposta, così calcolata, non è applicata a titolo definitivo poiché viene successivamente riliquidata da parte dell’agenzia delle Entrate, in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione del Tfr. Sono direttamente le Entrate che richiedono al contribuente di versare la maggior imposta eventualmente dovuta, sulla base del criterio di cui sopra.
Gli esempi
Nella grafica in questa stessa pagina vengono presentati alcuni possibili effetti della richiesta di anticipo del Tfr in busta paga, confrontando la maggiore liquidità disponibile con il carico fiscale complessivo che deriva dalla scelta del lavoratore.
Analizzando gli esempi – i conteggi non tengono conto dell’applicazione della clausola di salvaguardia – si vede come, nel primo caso riferito a contribuenti con reddito fino a 15mila euro, nulla cambi a livello di imposizione fiscale nella scelta tra il pagamento del Tfr con le regole “standard” rispetto alla tassazione ordinaria.
Diversamente, nel secondo e nel terzo esempio, emerge come all’aumentare del reddito (il conteggio tiene conto di un dato reddituale fino a 38mila euro) il gap fiscale (in termini penalizzanti per il lavoratore) può arrivare a incidere in misura di circa 300 euro di imposte in più, sulla quota annuale del Tfr maturato.
Nell’ultimo esempio, riferito ai contratti a termine, questa differenza è ancor più accentuata poiché, con la tassazione ordinaria in luogo di quella separata, il lavoratore va a perdere le specifiche detrazioni d’imposta previste per questa tipologia contrattuale (61,97 euro annuali, per un massimo di due anni).
Il Sole 24 Ore – 22 dicembre 2014