Flavio Tosi, sindaco leghista (o post-leghista) di Verona, guarda ben oltre l’Arena, verso l’agone politico nazionale. E vede Oscar Giannino e il suo rassemblement ultraliberale come possibile alleato. Ma non solo lui.
Che il primo cittadino abbia una levatura e quindi un’aspirazione nazionale era chiaro.
Se ne ce ne fosse stato bisogno, il segretario del Carroccio veneto l’ha confermato anche ieri, in un’intervista alla cronaca scaligera del Corsera.
Per la verità era stato il suo mentore, Roberto Maroni, capo di quel che resta della Lega Nord, a parlare del «modello Verona», in questa confusa saga padana di mezz’agosto, con l’ex-ministro degli Interni in Sardegna, Matteo Salvini, capo dei lumbard-lombardi a Ponte di Legno (Bs) e Umberto Bossi, con un bel gruppo di nostalgici, a Pontida (Bg).
Ma Maroni, individuando in Tosi un metodo e una prospettiva politica, non fa altro che «leggere» le ambizioni del primo cittadino scaligero, il quale ha schiantato il Pdl cittadino, prosciugandolo di voti (è precipitato al 5,29%) e dell’intera classe politica ex-forzista e lasciandolo ai soli post-aennini a custodia del simbolo. Il sindaco, creando un blocco moderato di cui quella leghista è solo una componente e per giunta minoritaria, ha disegnato uno scenario che vorrebbe esportare oltre il suo Veneto.
Ieri, Tosi l’ha ribadito con chiarezza, indicando «due condizioni indispensabili» per allargare all’Italia il suo modello: «La prima è che ci siano candidati con una credibilità e un consenso trasversali, che vadano al di là del puro e semplice voto leghista» mentre la seconda «l’esistenza di liste di natura civica, che possano allargare la base di consenso per poi portare a casa risultati importanti per il nostro territorio».
E quando dice «liste civiche», Tosi sa bene di cosa parla. Per rimettere in piedi la sua, alla comunali del maggio scorso, aveva sfidato le ire di Via Bellerio, sede nazionale della Lega, l’ostilità del Senatur e del Cerchio magico dei suoi intimi. Per la Lista Tosi, Tosi aveva rischiato l’espulsione. Ma alla fine aveva avuto ragione: la sua Civica per Verona era risultata la più votata, col 37,22% dei voti, ma anche la batterie di listine alleate, dalla Civica per Tosi, all’Alleanza per verona, ai Giovani, a Verona è vita, avevano messo insieme 7mila voti, ovvero qualcuno di più del Pdl.
Liste civiche locali che, seppure in elezioni politiche nazionali, garantiscano all’elettore che la sua città, il suo paese, la sua periferia non finiranno nel gorgo romano della politica politicata. Una formula che conferma ancora una volta quanto il paragone fra il sindaco veronese e il leader veneto Toni Bisaglia, big doroteo della Dc fra gli anni 70 e gli 80 fosse azzeccato.
Quel modello politico, con una catena di comando d’acciaio seppure correntizia, garantiva che dal segretario di sezione, anche nel più sperduto borgo del Cadore o del Polesine, s’arrivasse dritti agli eletti, se non ai ministri. E non solo per essere raccomandati alle Poste o alle Ferrovie, ma anche per rappresentare i problemi di una categoria, i bisogni di una comunità, le esigenze di un territorio. Dunque liste civiche moderate, venate di leghismo moderno e quindi non secessionista. Con «un programma serio e concreto di riforme, partendo dal federalismo ma ovviamente non fermandosi a quello, aggregando su di esso tutte le forze che con buon senso e buona volontà ci possono stare».
E non è detto che il marchio «Tosi» debba essere speso fuori dai confini, s’è schermito il sindaco «a Verona può esserci una connotazione, a Vicenza un’altra, a Treviso un’altra ancora, e così in Lombardia e in Piemonte». Un programma per cui il primo cittadino veronese vede già qualche potenziale alleato: «La prima che mi viene in mente è quella che potrebbe nascere dal manifesto di Giannino: una persona come lui, con le idee che ha, è sicuramente vicina a noi; molte delle cose che dice lui, noi le diciamo da sempre».
Un parlare da leader nazionale, confermato anche dal tono pacato con cui ha smorzato, fino quasi a spegnerla, la proposta dell’iperbolico referendum maroniano sulla moneta europea, «non propone di abolire l’euro, ma parla di un referendum consultivo», e con cui ha inviato attestati di stima a Corrado Passera, atteso a Torino per gli Stati generali del Carroccio: «Un ministro stimato e intelligente», ha detto, «tra persone intelligenti ci si confronta sempre volentieri».
Nel «modello Tosi» c’è posto per tutti.
ItaliaOggi – 20 giugno 2012