Ciambetti: troppo poco tempo. Ma Pigozzo (Pd): Regione di indecisi. E così alla fine a ridisegnare il Veneto sarà il governo. La tanto vituperata Roma. Lo Stato «centralista».
La Conferenza Regione-autonomie locali, chiamata a mettere a punto il piano di riordino delle Province (che, com’è noto, così come sono per legge non possono continuare ad esistere) ha infatti deciso di non decidere e dopo svariati incontri in laguna, ha approvato ieri a maggioranza il più ribellista dei quattro piani al suo vaglio, quello per cui in Veneto le cose stanno bene così come sono: restano Verona e Vicenza, già salve, resta Treviso, grazie all’annessione della veneziana Scorzé, resta Padova, per le «caratteristiche peculiari della realtà territoriale», resta Rovigo, «in ragione della peculiarità del Polesine» e ovviamente Belluno, «per la specificità montana riconosciuta dallo Statuto». L’unica che salta, e già si sapeva, è Venezia, trasformata in città metropolitana.
Questo, ovviamente, nella consapevolezza che in assenza dell’autoriforma il governo procederà comunque agli accorpamenti necessari al rispetto dei parametri individuati dalla spending review, ossia i 2.500 chilometri quadrati ed i 350 mila abitanti. «I tempi sono stati troppo stretti – spiega l’assessore agli Enti locali Roberto Ciambetti – si rischiava di prendere decisioni affrettate e pasticciate. E poi non si poteva non tener conto delle decine di delibere approvate dai Comuni coinvolti, a cominciare da quelli del Polesine». Difficilmente il governo si prenderà molto più tempo di quello speso in Regione (visti i precedenti, farà due conti e tirerà una riga) o terrà in grande considerazione le delibere approvate in questo o quel municipio. L’esito più probabile, a questo punto, è quello già tratteggiato mesi fa, a spending appena approvata, ossia l’accorpamento tra Belluno e Treviso e tra Padova e Rovigo. Con la differenza che un domani Palazzo Balbi potrà allargare le braccia e dare tutta la colpa a Roma. «Durante la riunione non sentivo che ripetere: noi siamo i più virtuosi – commenta il consigliere del Pd Bruno Pigozzo – ma questo ragionamento, pur condivisibile, non conta nulla, non regge, perché la decisione a monte è già stata presa. Il Veneto passerà per una Regione cronicamente indecisa, incapace di governare il suo territorio». Pigozzo, per la cronaca, è stato l’unico membro della Conferenza, col sindaco di Vicenza Achille Variati, a votare contro. Il vincitore, anche se lui si schermisce, è il presidente della Provincia di Treviso e dell’Upi Veneto Leonardo Muraro: «Semplicemente si è tenuto conto dei dati e delle analisi presentate, che dimostrano come le Province venete siano virtuose. Dunque perché eliminarle?». Un aspetto, questo, sottolineato anche da Ciambetti. Muraro ammette poi con franchezza: «I nostri parlamentari mi assicurano che la specificità montana verrà riconosciuta in aula e di più, i rumors romani convergono sul fatto che alla fine salterà tutto». Sottinteso: perché allora fare seppuku?
Il piano approvato dalla Conferenza Regione-autonomie locali approderà stamani in giunta (dove verrà approvato anche il ricorso alla Corte costituzionale contro la spending firmato dall’avvocato Mario Bertolissi) e domani in consiglio regionale, dove potrà eventualmente essere modificato prima dell’invio a Roma entro il 24 ottobre. Intanto a Venezia il deputato della Lega Gianluca Forcolin, con la benedizione della presidente della Provincia Francesca Zaccariotto, ha annunciato la presentazione alla Camera di una proposta di modifica della legge istitutiva delle città metropolitane, che prevede, nell’ordine: la soppressione delle Province a scadenza naturale del mandato, la concessione di più tempo ai Comuni per aderire o meno alla città metropolitana e l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano.
Corriere del Veneto – 2 ottobre 2012