Il circo non si arrende: lo spettacolo deve continuare. Ordinanza o non ordinanza.
«Offriremo a questa città performance, magie e tutti gli animali. Sarà il Tribunale a stabilire torti e ragioni. Ad ogni modo il ricorso al Tar è già stato depositato».
Scandisce ogni parola Aldo Martini, titolare del «Cirque d’Europe» che oggi aprirà il tendone «spuntato» a Ravadese. Come promesso, «il mio legale ha depositato l’atto che chiede una sospensiva d’urgenza del provvedimento del sindaco – chiarisce mentre schizza da una parte all’altra del campo -. E l’ha fatto nello stesso giorno in cui ha denunciato il Comune di Imola alla Procura per danno economico e d’immagine». Poi avverte: «Quello che potrebbe succedere a Parma».
Corre ancora, eccome se corre, Aleksander, cucciolo di giraffa alto 3 metri e pesante più di 900 chili, stroncato da infarto una ventina di giorni fa a Imola dopo un inseguimento tra auto, semafori e pedoni terrorizzati. Ora che non c’è più, la sua corsa si è trasformata in simbolo e bandiera per tutti coloro (e sono tanti) che ritengono crudele, e spesso anche inutile, l’esposizione e la presenza di animali selvatici nelle gabbie e sulle piste dei circhi.
Si sa che non tutte le morti hanno lo stesso peso. Quella di Aleksander, al centro di una contesa a colpi di ordinanze comunali, ricorsi al Tar e presto anche denunce alla Procura, è destinata, comunque finisca il duello tra gli animalisti capeggiati dall’ex ministro pdl Michela Vittoria Brambilla e i titolari del circo Martini, a cui apparteneva la giraffa, a lasciare un segno profondo, se non a livello legislativo (dove c’è chi insiste per l’abolizione totale degli spettacoli con animali), sicuramente nel sentire comune, vista l’eco e la mobilitazione suscitate dalla morte praticamente in diretta del giovane animale.
Da quando è successo il fattaccio, per Aldo Martini, titolare del «Cirque d’Europe» (carovana di 80 dipendenti per un costo giornaliero di circa 10 mila euro) ogni città sta diventando la tappa di un calvario. Lasciata Imola, dove il sindaco Daniele Manca ha annunciato che vieterà d’ora in poi l’arrivo di circhi con animali, Martini ha trovato a Parma, da parte della giunta grillina di Federico Pizzarotti, un disco rosso grande come una casa. Sotto la pressione di proteste e mail da mezza Italia, il primo cittadino dei Cinque stelle, dopo qualche esitazione, ha emesso un’ordinanza che impedisce «l’utilizzo di animali per attività di spettacolo e di intrattenimento».
La disposizione, che ha efficacia fino al 31 ottobre, avrebbe dovuto, nelle intenzioni dei grillini, scoraggiare la presenza del circo a Parma, il cui primo spettacolo è in programma per oggi. Speranza vana. I titolari del circo, oltre a presentare immediato ricorso al Tar contro l’ordinanza del sindaco, si dicono pronti «a presentare denunce in Procura contro le amministrazioni di Imola e Parma per danno economico e d’immagine: abbiamo sempre trattato gli animali con il massimo rispetto, a Imola avevo avvertito le forze dell’ordine di non usare i sedativi (ma secondo la Asl «il farmaco era idoneo», ndr)». E fanno sapere che stasera «lo spettacolo andrà in scena come sempre, animali compresi».Ad ogni modo il ricorso al Tar è già stato depositato.
La contromossa non si è fatta attendere. L’ex ministro Brambilla, per conto della Federazione associazioni animaliste, ha ieri consegnato al sindaco Pizzarotti una bozza di regolamento da estendere a tutti i Comuni: «Nell’attesa di una riforma in Parlamento per abolire gli spettacoli con animali — ha affermato l’esponente pdl — è importante fissare regole molto severe a tutela di scimmie, grandi felini, elefanti, giraffe e tutti gli altri, mettendo i Comuni al riparo da possibili ricorsi: il tempo è scaduto, è solo salvando gli animali che potremo tutelare la vera arte circense». La Brambilla, pronta a scendere in piazza se il circo Martini non rispetterà l’ordinanza, ha però un avversario nel collega di partito, Carlo Giovanardi: «I divieti di Imola e Parma — ha affermato — sono contra legem e mettono sul lastrico migliaia di lavoratori».
Corriere della Sera – 12 ottobre 2012