Il governatore «I ricchi dovranno imparare a pagare se vogliono servizi subito». «I manager? Una società di cacciatori selezionerà i nomi, poi io sceglierò»
Non bisogna essere dei matematici per fare i conti: 8,6 miliardi erano i soldi attesi per la sanità (delibera Cipe), ora sono scesi a 8 miliardi e 418 milioni: 200 milioni in meno. Un taglio che mette in ginocchio anche un florido sistema sanitario.
Il governatore veneto Luca Zaia mette un po’ di numeri in fila, i prossimi anni saranno di lacrime e sangue, vuoi la spending review, vuoi il decreto Balduzzi, mettici pure i tagli decisi in precedenza ai trasferimenti, per la sanità di soldi ce ne saranno sempre meno.
Già si è operato un taglio del 5% alle forniture (ora al 10), ieri la V. Commissione in un decreto omnibus ha limitato i tagli in ambito sociale, allo 0,5, per salire nei prossimi anni fino al 2. Se si mettono sul piatto entrate e uscite il sistema così come è strutturato non regge.
«Questo è vero purtroppo, ma l’Irpef non la metto – chiosa il governatore Luca Zaia irritato da un federalismo che a suo dire sta facendo i passi indietro come i gamberi e da una mannaia che uccide i virtuosi – Come faccio a chiedere ai cittadini che già tirano la cinghia oltre misura ancora sacrifici? Si limerà, faremo alchimie, ma alla gente non chiedo più nulla. Vorrà dire che chi ha più soldi dovrà imparare a pagarsi i servizi che vuole subito». Una provocazione forte che il governatore del Veneto articola: «I ricchi possono arrangiarsi, sanno dove andare a farsi curare, posso anche spendere per una visita, ma chi fa fatica ad arrivare e fine mese no – sottolinea – E quando sento che si deve aspettare 24 mesi per un visita oculistica mi arrabbio: chi ha disponibilità può anche pagarla e gli altri? Ospedali da chiudere? Ecco, quelli che hanno liste d’attesa assurde».
Ma non sono solo i tagli a bruciare, il vero pugno nello stomaco in un momento così complesso per le Regione per Zaia è questo federalismo a cui si continua a rosicchiare terre no: «Non faccio il sindacalista delle Regioni, ma se il governo le considera così nefande, le chiuda. – commenta – Ma la politica di tagliare a Caino e ad Abele non funziona più. Roma mangia e sperpera e poi taglia alle regioni virtuose, quelle come noi che sono in pareggio, quando al Sud ci sono 4 regioni che hanno accumulato 5 miliardi di buco solo per la sanità, regioni dove la degenza media è di 30 giorni contro i nostri 7, o le sirighe costano 6 volte tanto».
Le sfide che la sanità del Veneto si trova a dover affrontare non sono di poco conto: all’appello mancano ancora le schede ospedaliere e del territorio, altrimenti il Piano socio sanitario varato dopo oltre 3 lustri rischia di restare lettera morta. Ci sono ancora mille posti letto da tagliare, ospedali da razionalizzare e soprattutto i direttori generali da nominare. «La lista è lunga, ma stiamo mettendo tutto in fila: sulle schede si sta completando la discussione e a breve saranno pronte. Ospedali da chiudere?
Quelli che non funzionano: la parola d’ordine è razionalizzare, meno ospedali generalisti e più specialità, per curare meglio e risparmiare. Deve passare il concetto che le eccellenze non si trovano sotto casa – spiega Zaia – Poi c’è la nomina dei manager e su questo voglio fare chiarezza per evitare circolino false notizie: ci sarà una società di cacciatori di teste per valutare i curricula e i nomi verranno decisi da me. Sono un presidente non facile e per i manager sarà una sfida».
Gazzettino – 12 ottobre 2012