Due miliardi nel prossimo triennio: è quanto sollecitano alla Regione i direttori delle aziende sanitarie per garantire la manutenzione ordinaria dei 51 ospedali veneti. Ma c’è un’incognita ed è decisiva: alcuni sono destinati al declassamento o alla chiusura tout court
Una richiesta ragionevole, alla luce del blocco degli investimenti attuato a partire dal 2010 per risanare i conti in rosso ereditati dalla stagione galaniana. Ma c’è un’incognita ed è decisiva: alcuni, tra gli ospedali in lista d’attesa per i finanziamenti, sono destinati al declassamento – o alla chiusura tout court – dal nuovo Piano socio-sanitario, perciò le risorse stanziare per manutentarli potrebbe tradursi in uno spreco. Il condizionale, però, non cancella il problema: finché un presidio di cura è attivo, come negargli i fondi necessari ad adeguare sale operatorie, sistemi anticendio, circuiti di aerazione e via dicendo? La spada di Damocle, una volta ancora, è la mancata attuazione del Piano, meglio, lo stallo perdurante nell’approvazione delle schede di programmazione, che ne costituiscono il braccio operativo. Su questo tema – abbinato ai criteri di nomina del direttore generale del settore – è in atto uno scontro di potere tra Consiglio e Giunta, entrambi decisi a far valere le loro prerogative, acuito dai ricorsi alla Corte Costituzionale presentati dal Governo, convinto che le norme del Piano ledano le facoltà decisionali dell’esecutivo presieduto da Luca Zaia. Per aggirare la Consulta, il presidente della commissione sanità Leonardo Padrin (Pdl) ha proposto all’assemblea due emendamenti ma l’opposizione li ha giudicati tali da modificare l’intero impianto del Piano e ha chiesto con forza che il confronto torni in commissione, pena il “muro contro muro” in aula. La minaccia ha avuto effetto: alla maggioranza premeva l’approvazione in tempi brevi della “legge omnibus” (contenente cioè, diversi argomenti a sfondo socio-sanitario) e lo stralcio è stato concesso. Padrin trasformerà i fatidici emendamenti in un disegno di legge, da discutere e licenziare attraverso una corsia preferenziale: «Una scelta responsabile che consentirà di risolvere il problema in modo trasparente e partecipato», commenta serafico il pidiellino. Ben diversa la lettura di Diego Bottacin (Verso Nord): «Padrin vede sbriciolarsi l’architettura costruita per rafforzare le funzioni del Consiglio a discapito della Giunta, fino a giugno, con la complicità di parte dell’opposizione, ha difeso la necessità del parere obbligatorio e vincolante della commissione sulle schede ospedaliere e sulla nomina del direttore generale della sanità. Ora deve rivedere radicalmente la posizione e probabilmente sarà costretto ad accettare la divisione delle competenze tra Giunta e Consiglio originariamente prevista dall’assessore Coletto». Quest’ultimo – che non nasconde la volontà di rivincita verso i suoi detrattori e confida nel pronunciamento della Corte – ieri è stato evocato polemicamente da più parti: «Un fantasma che si contraddice ogni giorno», l’ha apostrofato Pietrangelo Pettenò della Sinistra. Severo, per voce di Claudio Sinigaglia, anche il giudizio del Pd: «Per il momento siamo riusciti ad impedire che Lega e Pdl smantellassero quanto c’è di buono nella struttura del Piano ma le loro lotte intestine condannano il Veneto alla paralisi». L’omnibus, si diceva. Approvato in poche ore, ha legiferato sui temi più disparati: dall’azzeramento dei tempi di tumulazione nelle chiese «nei casi di sepoltura di personalità importanti e significative per la comunità locale», allo scudo garantito alla spesa sociale rispetto ai tagli del 5% della spending review; la novità più rilevante riguarda però la soppressione dell’Agenzia regionale socio-sanitaria (Arss), costituita nel 2011 con compiti di supporto tecnico. La maggioranza di centrodestra, accogliendo un emendamento di Bottacin , ha deciso di porre fine alla sua attività, giudicata onerosa (troppe consulenze private) e scarsamente funzionale. Il personale (2 dirigenti, 27 dipendenti, 2,5 milioni di bilancio) sarà assorbito dalle Ulss. Favorevole Pettenò («Io difendo i malati, non la burocrazia»), contrari i democratici: «Il Veneto sarà l’unica regione a ritrovarsi priva di un’agenzia di monitoraggio e valutazione, è una perdita grave», l’opinione di Sinigaglia.
Il Mattino di Padova – 15 novembre 2012