In caso di licenziamento per superamento del comporto, il periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia, il datore di lavoro deve verificare la possibilità di svolgere presso la direzione territoriale del lavoro la procedura di conciliazione obbligatoria prevista dalla legge 92/2012.
La direzione regionale del Lavoro della Lombardia infatti, con una nota (protocollo n. 12886 del 12 ottobre), ha escluso che questa tipologia di licenziamenti possa rientrare nell’ambito della nuova conciliazione obbligatoria.
La direzione regionale ritiene che l’ambito di applicazione della procedura davanti alla Dtl debba essere circoscritto ai licenziamenti intimati per esigenze aziendali, che l’ipotesi di recesso determinata dal superamento del periodo di comporto (articolo 2110 del Codice civile), non integri la fattispecie del licenziamento per giustificato motivo e non debba quindi essere assoggettata alla procedura prevista dall’articolo 7 della legge 604/66.
Il caso in esame è quello del dipendente che, per uno o più eventi di malattia, ha superato il periodo di conservazione del posto di lavoro regolamentato dal contratto collettivo applicato (più l’eventuale ulteriore periodo di aspettativa), e può essere dunque licenziato.
La giurisprudenza ha più volte assimilato questa causale di recesso al giustificato motivo oggettivo, disciplinato dall’articolo 3 della legge 604/66, ossia al licenziamento connesso a «ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa». In questo senso si è più volte espressa la Cassazione (sentenze 10 luglio 2012, n. 11549; 25 novembre 2011, n. 24899;. 27 gennaio 2011, n. 1953; 25 novembre 2010, n. 23920).
La legge 92/2012 quanto al giustificato motivo oggettivo, riscrivendo l’articolo 7 della legge 604/66, ha stabilito che, nel caso di un datore di lavoro con più di 15 dipendenti, il licenziamento deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl) del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Il datore che non rispetta questa procedura rischia il pagamento di un’indennità economica di importo variabile tra 6 e 12 mensilità di retribuzione.
Superato il periodo di comporto da parte di un lavoratore, il datore con i requisiti sopra citati, dovrebbe procedere con la comunicazione alla Dtl, con copia al lavoratore, che comunica l’intenzione di procedere al recesso. In sede Dtl andrebbero quindi esaminate anche soluzioni alternative al recesso e, in ogni caso, dovrebbe essere tentata la conciliazione, al cui esito positivo si produrrebbe la risoluzione consensuale del rapporto, con conseguente diritto del lavoratore (dal 2013) a percepire l’Aspi.
La presa di posizione della DrL potrebbe non reggere sul piano giuridico, di fronte a un giudice che ritenesse, invece, di aderire all’orientamento più volte espresso dalla Cassazione. In questo caso, anche ove il giudice ritenesse corretto il conteggio dei giorni di assenza e, conseguentemente, giustificato il licenziamento, per la sola violazione della procedura, il datore sarebbe condannato a versare al lavoratore un’indennità risarcitoria compresa fra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
In attesa di chiarimenti, la condotta più opportuna per il datore che voglia recedere per avvenuto superamento del periodo di comporto consiste nell’inviare comunque la comunicazione contenente l’intenzione di procedere al recesso alla Dtl competente.
Il Sole 24 Ore – 26 novembre 2012