Fino a tre anni fa la specie era data per persa: oggi con un progetto mirato gli esemplari sono 450. Sul Baldo ci sono tante nuove covate di starne: fino a tre anni fa, erano date per estinte ma ora pare abbiano nuovamente trovato casa sul Paterno Monte.
Incassa i primi considerevoli successi il «Progetto Starna», partito nel 2010, promosso dalle doppiette del Comitato permanente dei nove comprensori alpini del Baldo, presieduto da Tiziano Turcato, presidente di quello di Ferrara di Monte Baldo.
«Il progetto è nato in collaborazione con Veneto Agricoltura», spiega il veterinario Simone Finotti che presiede il Comprensorio di San Zeno di Montagna, dove è a sua volta assessore all´agricoltura. «Si è avvalso del supporto di due studentesse dell´Università di Bologna, iscritte alla Facoltà di Medicina, che hanno raccolto dati per elaborare le loro tesi», premette. «Ha lo scopo di reintrodurre sul Baldo la starna, la Perdix perdix, galliforme della famiglia dei fasianidi, qui estinta dagli anni sessanta». Prosegue Turcato: «Tre anni fa abbiamo iniziato lanciando circa 150 starne provenienti dalla zona del Parmigiano e della Toscana, e così abbiamo fatto nei successivi due anni. Le abbiamo portate sempre in Prada, zona dei comprensori di Brenzone e di San Zeno di Montagna e, sul versante opposto, a Novezzina. Tutti noi cacciatori siamo infatti convinti che la nostra forza stia nella cura verso l´ambiente e nella capacità di saper reintrodurre fauna autoctona sparita, proprio come la starna che oggi è specie protetta ma che un tempo era cacciata». Desiderano riaverla per più ragioni: «Innanzitutto perché un tempo viveva spontaneamente sul Baldo e poi perché speriamo di poter un giorno tornare a fare prelievi. Potremmo così controllarne lo stato di salute, praticando il nostro hobby, che è la caccia».
Il progetto, che ha il benestare della Provincia, si concretizza in una serie di dati: «Al terzo anno di piano possiamo dire che abbiamo introdotto sul Baldo, in tutte le riserve, 450 starne, circa 150 individui l´anno», dice Turcato. «In base ai censimenti fatti, le stime dicono che quest´anno ci sono dodici nuove covate dalle quali potrebbero arrivare un centinaio di nuovi esemplari autoctoni. Altri censimenti erano stati fatti negli anni scorsi quando avevamo trovato alcune covate, non più di due o tre, il che equivarrebbe ad una trentina di nuovi esemplari autoctoni».
«Quando nevica», conclude Turcato, «partiamo con grandi sacchi di granaglie sulle spalle che distribuiamo sulla neve disegnando piccole scie che conducono anche in luoghi protetti, come anfratti tra le rocce dove l´uccello può ripararsi».
L’Arena – 26 novembre 2012