È bastata meno di mezz’ora — il tempo strettamente tecnico — e ieri pomeriggio in Senato il decreto cosiddetto taglia firme è diventato legge. Adesso per presentare una lista alle prossime elezioni basteranno 30 mila firme, ovvero il 75% in meno di quanto previsto originariamente.
Tutti i dubbi della vigilia di questo voto sono stati spazzati via rapidamente a Palazzo Madama. Così rapidamente che il presidente del Senato Renato Schifani è stato costretto a sospendere la seduta durante una votazione appena iniziata: non erano infatti passati i venti minuti d’obbligo fra l’inizio dela seduta e l’avvio della votazione elettronica.
Il decreto è passato e a nulla è servito che per ben due volte la Lega abbia chiesto la verifica del numero legale in aula. C’erano tanti senatori ieri a Palazzo Madama, a dispetto del pericolo ventilato fin dalla seduta del 21 dicembre, quando alla richiesta di verifica del numero legale (chiesta sempre dalla Lega) si era scoperto che in aula c’erano soltanto 80 senatori. Adesso il decreto è legge e a tirare un sospiro di sollievo sono i partiti più piccoli e le coalizioni meno organizzate, fra queste anche il partito di Beppe Grillo. Il decreto prevede infatti che a dover raccogliere le firme siano i partiti che non sono in Parlamento o che siano costituiti in gruppo parlamentare in una delle due Camere: in questo caso è previsto uno sconto ulteriore del 60% della raccolta delle firme. In pratica a essere completamente esentati dalla raccolta delle firme sono il Pd, il Pdl, la Lega e l’Idv che hanno gruppi parlamentari sia alla Camera che al Senato.
La paura, alla vigilia di questo voto, era che le primarie del Pd facessero mancare in aula un gran numero di senatori impegnati nelle campagne elettorali dei propri collegi, e che il disinteresse del Pdl facesse il resto facendo mancare il numero legale
Corriere della Sera – 29 dicembre 2012