di Dario Di Vico L’addizionale Irpef è una tassa subdola. Colpisce e non lascia traccia perché viene «annegata» e riscossa insieme all’Irpef. Così è potuta crescere più di tutte le altre senza che al problema fosse dedicata la necessaria attenzione: mentre in questi anni ci si è battuti e divisi per i punti e i decimali dell’Irpef, dell’Iva e dell’Irap l’addizionale Irpef è salita in dieci anni del 59%. Un record negativo che si spiega solo in un modo: le amministrazione locali colpite dai tagli ai trasferimenti operati dal governo si sono rivalse sui contribuenti e li hanno stangati.
Il rapporto
A far luce sulla «tassa subdola» e le differenze di applicazione tra Regione e Regione è uno studio messo a punto dai presidenti regionali di Confprofessioni basato sugli ultimi dati messi a disposizione dal Mef (2015). Tutte le amministrazioni regionali hanno fatto ricorso all’addizionale: il Lazio vanta il triste primato dell’imposta media più alta ma l’Emilia-Romagna è la Regione che l’ha aumentata di più.
Da 245 a oltre 400 euro
Qualche numero serve a darci la dimensione del fenomeno: se ogni contribuente italiano pagava nel 2006 la cifra di 245 euro di addizionale nel 2015 si è passati a oltre 400 euro. Complessivamente grazie a quest’imposta gli enti locali che prima rastrellavano 7,47 miliardi ora ne incassano ben 11,85. I picchi più alti ci sono stati nel 2007 e nel 2011 ma anche il 2015 ha fatto segnare +4%. Se ne può dedurre che quel poco di federalismo fiscale che alla fine è stato attuato in Italia non ha prodotto meno imposizione e più responsabilizzazione delle amministrazioni periferiche, anzi. Gli enti locali hanno compensato i soldi in meno da Roma con maggiori tasse sul territorio. Tasse che non hanno mai esplicitato un loro «scopo», sono state silenziosamente annegate nell’Irpef. Commenta Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni: «La pressione fiscale, sia a livello nazionale che locale, ha raggiunto livelli insostenibili e chi afferma che le tasse in Italia diminuiscono, mente. I dati che emergono dall’evoluzione dell’andamento del prelievo fiscale sono sconfortanti».
Le regioni
Se dal dato nazionale passiamo ad esaminare il dettaglio regionale il giudizio negativo di Stella trova piena conferma: in tutte le regioni si è verificata una crescita dell’imposta media seppur con differenze marcate. Come già detto il Lazio è la Regione che fa pagare di più ai suoi contribuenti (oltre 620 euro l’anno con una differenza di ben 216 euro sulla media nazionale) ed è facile pensare che ciò sia legato alla difficoltà di controllare la spesa sanitaria da lungo tempo commissariata.
Il caso Emilia-Romagna
Fa una certa impressione l’Emilia-Romagna, governata dal centro-sinistra, che ha deciso l’aumento più consistente di questo decennio, da 195 a 418 euro (+113%). In termini relativi la seconda regione per incremento è un’altra delle «rosse»: la Toscana dove l’addizionale è cresciuta del 92% passando da 186 a 360 euro. Gli aumenti più ridotti sono quelli di due amministrazioni in mano al centro-destra, il Veneto (+33%) e la Lombardia (+34,8%). «L’incremento del prelievo fiscale da addizionale regionale è aumentato ovunque ma non in misura uniforme — commenta Andrea Dili di Confprofessioni e autore dello studio in questione — Mentre alcune regioni hanno sostanzialmente raddoppiato il gettito, altre sono riuscite a contenere la misura di tali incrementi.
L’eccezione Bolzano
L’unica eccezione virtuosa è quella della Provincia Autonoma di Bolzano che dal 2012 al 2015 è riuscita addirittura a diminuire il prelievo medio di oltre un terzo. L’ultima parte dello studio infatti riguarda i dati disaggregati a livello provinciale e da questa ulteriore classificazione è Roma a risultare come la provincia con l’addizionale più esosa: oltre 676 euro annui.
Il Corriere della Sera – 30 giugno 2017