Tutto da rifare. Enrico Letta, dopo un colloquio risolutivo con Giorgio Napolitano, e dopo le violente polemiche delle ultime ore a livello parlamentare e non, rinuncia alla conversione del cosiddetto decreto Salva Roma. È stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ad informare questa sera i presidenti delle camere spiegando che alcune norme, non indifferibili, di questo provvedimento saranno inserite nel dl Milleproroghe all’esame del cdm venerdì prossimo.
Tra queste le misure in base alle quali il Comune di Roma ha approvato il proprio bilancio. Nel Milleproroghe anche la correzione, già annunciata in Parlamento, della norma relativa agli affitti di immobili da parte della Pubblica amministrazione.
La decisione del presidente del Consiglio è dunque maturata dopo aver sentito il Capo dello Stato che, si apprende da fonti di Palazzo Chigi, ha mosso rilievi sulla insostenibilità della legge di conversione del decreto a seguito dell’appesantimento emendativo che di fatto aveva trasformato il provvedimento firmato dal presidente della Repubblica. Questi rilievi sono da mettere in relazione alla eterogeneità ed estraneità ai contenuti originari delle numerose disposizioni inserite dalle Camere in sede di conversione, spiegano poi fonti del Quirinale. Il decreto Salva Roma aveva incassato la fiducia alla Camera con 340 sì e 155 no, tra cui quello di Gianluca Bonanno (Lega) che ha votato contro il provvedimento con una molletta per panni sul naso (“Questo decreto puzza”). Il voto definitivo sul testo era slittato al 27 dicembre. E ciò anche a causa della violenta opposizione del movimento M5S, che aveva annunciato battaglia totale fino a quando non avrebbe avuto la certezza che la norma sugli affitti d’oro intestati alla Pubblica Amministrazione, al centro delle polemiche nelle ultime 48 ore, non fosse stata definitivamente cancellata.
Comunque sia, la maggioranza, per evitare ulteriori fibrillazioni politiche (M5S e Lega avevano minacciato ostruzionismo anche oltre il 31 dicembre), aveva assicurato che la questione sarebbe stata affrontata sia nei 137 ordini del giorno che sarebbero stati esaminati il 27 dicembre, sia nel dl milleproroghe. L’altra norma della discordia, quella che penalizza i Comuni che cercano di arginare il gioco d’azzardo, definita da Renzi “una porcata” e da Letta “un errore”, invece, era già stata cassata. Restavano in piedi solo tre commi che disciplinavano per lo più il contenzioso tra Stato e concessionari di slot.
La norma sul gioco d’azzardo aveva innescato polemiche anche fuori dalle aule parlamentari: nel blog di Grillo viene messo all’ indice il vicedirettore de “La Stampa” Massimo Gramellini, “responsabile” di non aver dato il giusto risalto all’azione del M5S contro l’emendamento a favore del gioco d’azzardo, dando importanza invece solo alla reazione di Renzi che ha invitato il Pd (che prima l’aveva approvata) a bocciare la misura pro-slot.
Tra i temi affrontati nel Dl c’erano anche le norme che regolano il trasporto ferroviario in Campania, Sicilia e Valle d’Aosta; misure su Roma capitale e, tra l’altro, sulla gestione dei crediti di questa verso le società partecipate. Si stanziavano inoltre 25 milioni per Expo 2015 e si prevedevano misure a favore delle zone colpite da terremoti e alluvioni. Si obbligavano gli enti locali che hanno superato i limiti finanziari posti alla contrattazione integrativa a recuperare le somme indebitamente erogate al personale. E si stabiliva, tra l’altro,che beni aziendali confiscati alla mafia potessero essere trasferiti a comuni, province o regioni.
Il Sole 24 Ore – 25 dicembre 2013