E’ il settore agroalimentare la ‘lepre’ dell’economia veneta: la filiera dei cibi ‘made in Veneto’ di qualità, dell’industria di trasformazione e commercializzazione e della ristorazione corre più forte dell’economia regionale. Il fatturato delle sue 44 mila imprese supera i 56 miliardi di euro e nel triennio 2013-2015 è cresciuto mediamente del 2,5 per cento, quasi un punto in più rispetto ai ritmi del Pil regionale. A scattare l’istantanea sul ‘core business’ dell’agroalimentare veneto è l’ultimo numero di Statistiche Flash, il focus mensile di approfondimento dell’Ufficio Statistica della Regione Veneto (http://www.regione.veneto.it/web/statistica). Restringendo l’obiettivo sulla filiera ‘ristretta’, cioè alle sole attività ‘industriali di trasformazione, commercializzazione e ristorazione, la crescita dell’agroalimentare veneto diventa addirittura un ‘galoppo’: più 6,1 per cento annuo. Le imprese venete agroalimentari, che in termini numerici valgono il 7,7 per cento del totale italiano, producono il 13,3 per cento del fatturato italiano di settore.
“Il settore ‘food’ in Veneto è uno dei pilastri della nostra economia – sottolinea l’assessore all’agricoltura Giuseppe Pan – non solo per la capacità di produrre alimenti di qualità certificata, con ben 91 eccellenze tra Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Stg (Specialità tradizionale garantita), ma soprattutto per la sua componente industriale di lavorazione e di commercializzazione, di cui la ristorazione è un tassello fondamentale. La mera produzione agricola vale il 20 per cento del settore ‘food’, il resto è dato dal commercio alimentare (35%), dall’industria alimentare e delle bevande (22%) e dalla ristorazione (23%). Nell’anno dedicato al ‘cibo italiano’, il Veneto dimostra di essere uno dei leader nella buona tavola, nell’export e nella capacità di coniugare cibo, turismo e occupazione. Il cibo è sempre più un prodotto culturale, un brand, un elemento di identità e di orgoglio e un motore di sviluppo economico da valorizzare in tutti i suoi aspetti: a scuola, nella formazione, nella pianificazione territoriale e negli investimenti infrastrutturali”.
La ‘lepre’ dell’industria agroalimentare veneta corre grazie alla fantasia e alla produttività dei suoi imprenditori e dei suoi addetti: nel 2015 il valore aggiunto per addetto nel settore è stato di 66 mila euro, quasi 10 mila euro in più rispetto al valore medio nazionale, posizionando il Veneto sul podio delle tre regioni con il maggior valore aggiunto per addetto, alle spalle di Lombardia ed Emilia Romagna. Dal 2008 al 2015 il valore aggiunto per addetto nell’industria agroalimentare veneta è cresciuto di circa 20 mila euro. “Un dato da sottolineare con evidenza – commenta Pan – perché valorizza la laboriosità dei veneti, ma anche le politiche a sostegno sull’innovazione e della competitività del settore e degli investimenti strutturali nell’agroindustria, nell’agriturismo e nei settori a più alto valore aggiunto, come il vino. Investimenti resi possibili grazie anche alla leva dei fondi del Programma di sviluppo rurale”.
26 luglio