Agropirateria. Il Parlamento indaga sui falsi. Catania alla guida della commissione d’inchiesta anticontraffazione della Camera
Faro sulla difesa dei marchi e sul dilagare dell’«italian sounding». Un doppio furto, al fisco e alle imprese: tra contraffazione, lavoro nero, furti e «gestione» dei mercati agricoli (vedi il caso ortofrutta) un fatturato di 12 miliardi sul solo mercato interno, che sale a 60 se si considera l’intero fenomeno dell’«Italian sounding» nel mondo.
Contro i numeri da primato della contraffazione si tenta ora la strada, molto italiana per la verità ma non per questo necessariamente poco efficace, della commissione d’inchiesta parlamentare. Istituita alla Camera dei deputati, dopo una lunga trattativa tra i 21 componenti alla presidenza è stato eletto l’ex ministro delle Politiche agricole Mario Catania, che guiderà una commissione monocamerale col delicato compito di tutelare il vero made in Italy sul mercato interno, dove la contraffazione riguarda in forte misura anche tessile, moda, e diritti d’autore e su quello internazionale dove l’agropirateria rappresenta il fenomeno dominante.
Qui però l’«Italian sounding» (sul quale si è speso in questi giorni il ministro Martina, negli Usa per chiedere il divieto di «evocazione»), non è «vera» contraffazione. «Tecnicamente la contraffazione si configura come uso illeggittimo di un marchio registrato. L’evocazione è un fenomeno diverso – spiega Catania -. Per la sola contraffazione il danno stimato è nell’ordine di 8-9 miliardi complessivi sul mercato interno; su quello internazionale siamo nell’ordine di decine di miliardi».
L’altroieri si è tenuta la prima riunione del comitato di presidenza. «L’idea – anticipa l’ex ministro – è quella di fare un focus sul mercato interno e uno su quello internazionale, per poi quantificare le ricadute del fenomeno sull’economia reale e sui consumatori. Sul mercato interno contraffazione vuol dire lavoro nero e relativo impatto sulla fiscalità. Se è realizzata all’estero, invece, si può parlare di perdita secca di posti di lavoro. Per le imprese vale lo stesso discorso».
Più delicato, secondo Catania, il fronte dei consumatori: «Su alcuni prodotti, tra cui quelli agroalimentari, il consumatore è sensibile e percepisce la contraffazione come un pericolo, anche per la salute. Ma in altri settori, vedi tessile e moda, c’è un atteggiamento di tolleranza: qui serve un lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, perché il falso è sempre un cattivo affare. Il nostro lavoro non deve limitarsi alla fase dell’indagine ma deve arrivare a delle proposte, in termini di nuova legislazione sul piano interno e di nuovo approccio da parte del governo a livello internazionale».
Sull’etichetta d’origine a Bruxelles c’è una vera e propria empasse. «Si tratta di un tema parallelo sul quale non sono possibili fughe in avanti – avverte l’ex ministro -: l’Italia deve lavorare a Bruxelles per una soluzione ragionevole per il settore agricolo e industriale».
Il Sole 24 Ore – 6 luglio 2014