Alimenti assolutamente improponibili – a maggior ragione se destinati a bambini ricoverati in ospedale – perché conservati in condizioni igieniche precarie. A essere chiamato in causa è il legale rappresentante della ditta a cui è stato affidata la fornitura di cibarie per il servizio di ristorazione, ma per ‘pesare’ le responsabilità vanno valutate anche le competenze delle persone a cui sono stati affidati precisi compiti di controllo (Cassazione, sentenza 19684/13).
A richiamare l’attenzione è lo spettacolo nauseabondo presentatosi agli occhi dei bambini ricoverati nel reparto di Pediatria di un ospedale: «sostanze alimentari insudiciate» e, soprattutto, «confezioni di pane che presentavano, nell’involucro, morsi di topo». Scontate le lamentele dei genitori. E consequenziale è l’accusa nei confronti del legale rappresentante della ditta che ha in appalto la fornitura di cibarie per il «servizio ristorazione dell’azienda ospedaliera». Nessun dubbio, in sostanza, per i giudici, per addebitare all’uomo la responsabilità della violazione della normativa in materia di igiene «della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande». Ma tale prospettiva è messa in discussione dai giudici della Cassazione, i quali, pur constatando la prescrizione del reato, ritengono legittime le contestazioni mosse dall’uomo. Quest’ultimo, in particolare, evidenzia che «all’interno della società operava un responsabile della cucina e un responsabile della qualità, ai quali era demandato il compito di verificare l’idoneità dei cibi che uscivano dalla cucina per essere distribuiti nei reparti», e tale elemento, ammettono i giudici della Cassazione, è stato erroneamente trascurato. Piuttosto, sarebbe stato necessario, alla luce della presenza di «un responsabile della qualità e dell’autocontrollo aziendale», verificare «l’esistenza di una ripartizione di compiti o la delega di funzioni nell’ambito della compagine sociale», per verificare l’ipotesi di un «eventuale esonero del legale rappresentante» dalla «responsabilità» originariamente addebitatagli.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it – 14 settembre 2013