Simile a Omicron, ogni positivo infetta 15 persone
l1Cos’è la variante Kraken?
È pur sempre una discendete di Omicron, parente stretta dalla sottovariante Gryphon, a sua volta figlia di Ba.2, la seconda versione della stessa Omicorn. Per questo le sue caratteristiche non sono troppo dissimile dalle varianti già circolanti da noi e in Europa.
l2Dove si è diffusa di più?
In Europa è al momento solo al 2,5%, in Cina è stata rilevata ma le autorità non fanno sapere in che misura circoli. Ma per capIre quanto possa diffondersi rapidamente, basti pensare che negli Usa in poco tempo è passata dall’1 al 41% dei casi di contagio.
l3Da cosa deriva il nome Kraken?
Dal calamaro gigante e mostruoso della mitologia vikinga.
l4Vuol dire che dovremmo temerla?
In parte sì, perché è comunque molto più contagiosa per via della sua maggiore capacità di riconoscere il recettore ACE 2, la porta d’ingresso che il virus utilizza per entrare nelle cellule e diffondersi nell’organismo. Si calcola che ogni persona contagiata con XBB.1.5, questo il nome scientifico di Kraken, ne infetti altre 15. «Probabilmente è il virus più contagioso che sia mai apparso sul pianeta, anche se negli Usa il tasso dei ricoveri è molto basso perché c’è una buona percentuale di vaccinati», afferma Francesco Le Foche, immunologo del Policlinico Umberto I di Roma.
l5Ma genera forme più gravi di malattia?
Dai casi osservati si può dire di no. I suoi sintomi sono simili a quelli generati da Omicron: tosse, mal di gola, naso che cola, febbre e dolori sia articolari che muscolari. Ma nemmeno Kraken sembra avere la capacità di penetrare nelle basse vie respiratorie, generando così le polmoniti che tante vittime hanno mietuto nell’era pre Omicron. Però essendo molto più diffusiva colpisce anche un maggior numero di persone fragili e con il sistema immunitario compromesso, che in questo caso rischiano ugualmente di finire in ospedale o peggio.
l6I vaccini sono efficaci anche contro questa sotto variante?
Dai casi osservati tanto l’immunità indotta dai vaccini che quella generata da precedenti contagi sembrano proteggere almeno all’80% dalle forme gravi di malattia che portano all’ospedalizzazione. E comunque l’immunizzazione indotta da entrambi favorisce la produzione dei linfociti T, capaci di riconoscere e uccidere il virus anche quando gli anticorpi sono oramai diminuiti. Ma per rafforzare la protezione resta indispensabile la quarta dose