«Sono fatti ancor più gravi di quelli accaduti nel 2010. Allora, da parte di questa procura, l’inchiesta sulla terribile alluvione che colpì l’Est Veronese era partita da zero. Adesso, invece, le cose sono radicalmente diverse, visto che è possibile verificare chi in questi due anni non abbia fatto nulla o, comunque, abbastanza per prevenire, o quantomeno contenere, i terribili effetti di questo nuovo disastro».
E’ arrabbiato il procuratore Mario Giulio Schinaia. «Non doveva accadere di nuovo, doveva essere fatto di più per garantire la sicurezza e l’incolumità dei cittadini», mette in chiaro il capo della procura mentre annuncia l’«immediata apertura di un’inchiesta con la doppia ipotesi di reato di disastro colposo e omicidio colposo». Una fattispecie penale, quest’ultima, che va collegata al 58enne travolto da un muretto a Lavagno. «Almeno in una prima fase mi occuperò personalmente di gestire le indagini, si tratta di una vicenda troppo delicata» precisa il procuratore, spiegando che «l’obiettivo focale dell’inchiesta sarà quello di verificare come, dall’alluvione del 2010 a oggi, siano stati gestiti i soldi pubblici da parte dei Comuni interessati: accerteremo se le risorse disponibili siano state impiegate per usi prioritari o se, invece, sia stata trascurata la sicurezza idrogeologica per finanziare opere che si potevano e si dovevano rimandare». Parla chiaro, Schinaia: «Bisogna distinguere tra responsabilità giuridiche e politiche: basta nascondersi con la mancanza di fondi o la crisi che taglia le risorse, da parte di chi amministra vanno operate delle scelte in base a una ben precisa scala di priorità. Sarà compito nostro, adesso, andare ad appurare se i Comuni abbiano o meno agito in tal senso». Parole che, di primo acchito, sembrerebbero fare a pugni con la richiesta d’archiviazione (tuttora pendente davanti al giudice Giuliana Franciosi, che non ha ancora sciolto la riserva) con cui si è invece chiusa l’inchiesta sull’alluvione che nel 2010 ridusse in ginocchio le zone di Monteforte e Soave. Quattro le persone il cui nome, nell’ambito di quell’indagine, venne iscritto nel registro degli indagati dalla procura scaligera: ai sindaci di San Bonifacio, Soave e Monteforte d’Alpone, Antonio Casu, Lino Gambaretto e Carlo Tessari, così come al responsabile del Genio civile di Verona Mauro Roncada, venne contestato il reato di disastro colposo. «Ma la mia iniziativa di aprire un nuovo fascicolo d’inchiesta su quanto sta accadendo nelle ultime ore – puntualizza lo stesso Schinaia – non va in alcun modo a cozzare contro quella richiesta d’archiviazione: perché nel 2010 risultava praticamente impossibile risalire alle responsabilità pregresse, adesso invece i responsabili si possono e si devono trovare». Pur sollecitando l’archiviazione, comunque, nel chiudere l’inchiesta sulla catastrofe del 2010 il pm Valeria Ardito ha puntato nero su bianco il dito contro «errori che ci sono stati, numerosi e anche sovrapposti nel tempo», «una gestione dell’emergenza» che si è rivelata «del tutto inadeguata», tanto è vero che alcuni residenti di Monteforte e San Bonifacio avrebbero denunciato di «non essere stati allertati da nessun organo delle pubbliche autorità», contestando anche che «appare del tutto insufficiente da parte dello stesso governo centrale la disponibilità economica» garantita al territorio regionale del Veneto e, nello specifico, alle zone coinvolte in quella vera e propria sciagura. Un «disastro» che, a soli due anni e mezzo di distanza, si è ripetuto in tutta la sua immane gravità.
Laura Tedesco – Corriere Veneto – 18 maggio 2013