Nella grande recessione italiana non ci sono isole felici, nemmeno l’alimentare, settore anticiclico per definizione. Tuttavia l’industria del food & beverage ha visto calare gli occupati di 5mila addetti in un biennio, gli investimenti si assottigliano e soprattutto i tagli alla spesa delle famiglie negli ultimi 12 mesi hanno fatto sparire dalla tavola 7 miliardi (-3% dei consumi).
Dati da considerare molto seriamente ma certo lontani dai crolli a due cifre di altri settori industriali. «Finora – sottolinea Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare – le imprese hanno gestito questa situazione con il freno tirato sul turn over e, per fortuna, non abbiamo grandi imprese con impegnativi processi di ristrutturazione e Cig. Tuttavia non siamo certi che in futuro la situazione possa continuare a gestirsi in maniera soft. Già oggi sono scese dal 58 al 45% le aziende che effettueranno investimenti nel prossimo biennio, non solo per sfiducia ma anche perché l’accesso al credito è diventato più difficile».
Infatti, secondo Federalimentare, solo un terzo delle aziende richiedente un fido l’ha poi ottenuto, alle altre è arrivato un importo inferiore o la proposta è stata bocciata. I dati sono stati forniti ieri alla presentazione del bilancio 2012 del settore. «Per l’anno in corso – aggiunge Ferrua – il copione è quello del 2012, ma con qualche sfumatura di grigio: un mercato italiano stagnante e un export che continua a dare soddisfazioni, anche se non sufficiente a compensare il calo del mercato domestico».
Per il prossimo governo, dice Ferrua, «è pronto un documento programmatico per il rilancio del settore». La lista è lunga ma riassume temi, non nuovi ma cruciali, per un paese manifatturiero come l’Italia: fisco, internazionalizzazione, politiche europee, educazione alimentare e ricerca e innovazione. «Bisogna in particolare ridurre la pressione fiscale – dice il presidente di Federalimentare – fermando ogni tassazione impropria, come food tax o accise, contrastare l’aumento dell’Iva del 21% previsto per luglio e ridurre l’incidenza fiscale dei costi di trasporto e dell’energia».
Per l’internazionalizzazione «vanno previsti incentivi promo pubblicitari e va inoltre finanziata l’Ice, alla cui realizzazione manca sempre un decreto». Poi anche agevolazioni fiscali che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese attraverso le fusioni e la lotta alla contraffazione. Più in dettaglio, nel 2012 la produzione dell’industria alimentare ha raggiunto 130 miliardi, +2,3% sul 2011 ma legato esclusivamente all’effetto prezzi. In termini quantitativi il calo è stato dell’1,4%, a parità di giornate lavorative. Va sottolineato comunque che, rispetto al livello di picco pre-crisi del 2007, la produzione 2012 cede “solo” 2,5 punti, a fronte dei 22,9 punti dell’industria italiana nel suo complesso. I consumi alimentari degli ultimi 12 mesi hanno registrato una flessione del 3%, un dato, a prima vista, non rilevante ma che vale dieci volte il mercato di computer, smarthphone e tablet; dieci volte gli incassi dell’industria cinematografica, tre volte il business del calcio. Sugli ultimi 5 anni la perdita sale addirittura a 20 miliardi.
Molto meglio sul fronte del l’export: il made in Italy nel 2012 vale 24,8 miliardi, +8%, e un’incidenza sul fatturato totale del 19 per cento. Il massimo storico, ma ancora inferiore a Germania, Francia e Spagna, il cui export incide tra il 22% e il 29%, e circa la metà di quella del manifatturiero italiano nel suo insieme (37%).
L’export è balzato nell’area Ue del 4,9%, del 9,7% negli Usa, ma le performance migliori si sono registrate nei mercati emergenti: Medio oriente (+41%), Arabia Saudita (+29), Turchia (+38%), Cina (+20,6%), Giappone (+21,2%) e, soprattutto, Thailandia (+38,5%) e Corea del Sud (+25,9%).
Il colpo di scena di Federalimentare ieri è arrivato sullo spinoso tema delle fiere. La federazione è comproprietaria al 50% di Cibus, la biennale del food leader in Italia e terza in Europa. Federalimentare ha deciso di praticare uno sconto del 30% alle imprese associate che parteciperanno a Cibus 2014. E un sconto è previsto anche per coloro che, dopo Parma, decidano di partecipare ad Anuga, la fiera tedesca che si terrà a Colonia il prossimo ottobre. La strategia taglia prezzi serve a contrastare Tuttofood, che si svolgerà a Fiera Milano in maggio, e che recentemente ha strappato a Cibus Assica (i produttori di carni) e Aidepi (pasta e dolciari), associazioni aderenti a Federalimentare. «Prendo atto – conclude Ferrua – del marketing aggressivo di Fiera Milano: le associazioni sono libere di fare le loro scelte ma poi sono le singole aziende che decidono dove andare».
Il Sole 24 Ore – 15 marzo 2013