Angelina cucina gli insetti. In Cambogia Jolie mostra ai figli come si mangiano ragni e grilli. «Hanno un ottimo sapore». Non è un capriccio da star: per tanti è l’arma contro la fame
Angelina Jolie mette grilli nella testa dei suoi bambini. Non nel senso metaforico di favorirne aspettative bizzarre o pretenziose. Ma in quello più pratico di convincerli che gli insetti sono buoni da mangiare. «Si comincia con grilli e birra e poi si passa agli scorpioni», spiega l’attrice in un video girato in Cambogia, durante la promozione del suo ultimo film, First They Killed My Father , che racconta il genocidio dei Khmer Rossi dal punto di vista di un bambino.
Nel filmato si vede Jolie insieme a Knox e Vivienne, i gemelli avuti con Brad Pitt, mentre frigge una tarantola e mangia la gamba di un ragno, spiegando loro che «ha un ottimo sapore». Il capriccio di una celebrità eccentrica? O un messaggio un tantino più profondo e attuale, in linea con le ansie ambientaliste e l’impegno per la sostenibilità del pianeta, che fanno di Angelina una figura di primo piano della filantropia internazionale?
Saremo in 9 miliardi, nel 2050, ad abitare la Terra. E secondo le stime conservative di molti studiosi, la produzione mondiale di cibo dovrebbe almeno raddoppiare per poter sfamare tutti. Una prospettiva impossibile, a meno di non cambiare le nostre abitudini alimentari, ampliando i confini di ciò che consideriamo commestibile: carne, pesce e tradizionali prodotti dell’agricoltura, già intensiva, non potranno bastare. Ecco perché saranno con ogni probabilità gli insetti, che costituiscono più dell’80% del regno animale, la nuova frontiera: oltre un milione di specie, sostenibili sul piano ambientale, nutrienti, facili da catturare e in grado di assicurare proteine, ferro, carboidrati, fosforo. A dirlo sono la Fao, programma alimentare dell’Onu, e persino gli studiosi del Massachusetts Institute of Technology.
Certo occorrerà superare il yuck factor , il senso di disgusto prodotto dall’entomofagia, visto che gli insetti nella nostra percezione sono collegati a sporcizia e malattie. Ma la verità è che si tratta di una fisima occidentale: almeno 2 milioni di persone, soprattutto in Asia e Sud America, hanno da sempre gli insetti come parte stabile della loro dieta. Per la Fao, quasi 2 mila specie di artropodi vengono usate come cibo. Quelle più comuni sono scarafaggi, grilli, millepiedi, api, formiche, locuste, scorpioni, termiti e libellule.
A Expo 2015, il Future Food District anticipava il futuro rapporto tra consumatori e distribuzione, mostrando avveniristiche confezioni di Crispy Giant Hoppers, cavallette giganti croccanti o bustine con chips di grilli e termiti. Ma è soprattutto la nuova aristocrazia dei grandi chef a sperimentare, proponendo preparazioni a base di insetti nei costosissimi menu dei loro ristoranti stellati. Pioniere in questo campo è stato il brasiliano Alex Atala, del D.O.M di San Paolo, da anni fra i primi dieci della classifica di 50 World’s Best Restaurants, con le sue formiche amazzoniche, nutrite per sei mesi di erba citronella, che conferisce loro un gusto asprigno e piccante. Sulla sua scia, si è lanciato anche René Redzepi, lo chef danese figlio di immigrati dall’Albania, che per tre volte ha visto il suo Noma di Copenaghen vincere il titolo di miglior ristorante al mondo: formiche vive su crema di yogurt alle erbe, paté di grilli servito su foglie di acetosella e garum di cavallette si trovano spesso nel suo menu da 250 euro a persona. Non è un vezzo, spiega Redzepi, «siamo solo ai primi passi della nostra sperimentazione con gli insetti». L’idea è aprire nuovi orizzonti all’alimentazione, senza rinunciare alla qualità ma dando un contributo alla soluzione del problema di fondo: come nutrire le future generazioni del pianeta.
Il Corriere della sera – 22 febbraio 2017