Franco Pepe Fine anno, fine mandato, probabilmente fine corsa. Per il dg dell’Ulss 6 Ermanno Angonese, quasi 67 anni, ingegnere biomedicale fra i primi in Italia, nel 1975 giovanissimo sindaco di Mason, è forse l’epilogo di una carriera lunga 37 anni nella sanità pubblica che è pure un primato nazionale.
Direttore, cosa le resta di questa esperienza a Vicenza? Tante cose. E stato un mandato ricco di eventi. Il tempo è volato. All’inizio la felice sorpresa di questa nomina. In questo momento la soddisfazione di aver centrato gli obiettivi che mi erano stati assegnati. Quale? I conti. Tre anni fa il governatore Zaia mi chiese di mettere in ordine il bilancio. Vicenza era stata sempre in passivo. Nella sua storia più indietro vai e più rosso trovi. In un anno il deficit era addirittura precipitato a -51 milioni. Ebbene, nel 2013 eravamo già in segno positivo, nel 2014 triplicammo l’attivo, e quest’anno, anche pagando i costosissimi farmaci oncologici di ultima generazione, siamo avviati a chiudere in pareggio. E, attenzione, non vale solo il risultato in sé. Cosa intende dire? Abbiamo messo a posto il bilancio mantenendo ogni anno pressoché costante il numero dei ricoveri a 34-35 mila, portando le prestazioni ambulatoriali a 3 milioni 500 mila, spendendo 97 milioni per i farmaci e 182 milioni per il personale, qualcosa come 1 miliardo di vecchie lire al giorno per pagare gli stipendi. Come ci è riuscito? Eliminando le spese inappropriate, gli affitti inutili, cancellando gli interessi passivi causati dal ritardo con cui si pagavano i fornitori. Solo, per quest’ultima voce, abbiamo risparmiato più di 10 milioni. Altro traguardo raggiunto? La conclusione della vicenda-seminario. Con l’acquisto abbiamo evitato di pagare 36 milioni in 30 anni, 1 milione 200 mila euro ogni 12 mesi. E sul fronte strutturale? Finalmente l’apertura del cantiere del sesto lotto che apre uno scenario di grande riordino dell’azienda. Chi verrà dopo di me, fra San Bortolo storico e San Bortolo 2 del seminario, potrà ragionare con la nuova logica che gli offriranno due ospedali, uno in funzione 24 ore, l’altro 12.
Avete anche agito nel potenziamento tecnologico. Solo un esempio: la nuova, avanzatissima, Pet-tac. Ma c’è anche tutto un percorso in itinere. Abbiamo sperimentato la strumentazione 3D senza occhiali. Ogni reparto dovrebbe averla. C’è l’app telefonica per l’area materno-infantile. Ma anche il razionale utilizzo del cyber knife. Io ne ho trovati 2 in dotazione. Abbiamo fatto l’upgrade del primo e messo il secondo in stand by, risparmiando 500 mila euro l’anno, aumentando il numero dei trattamenti rispetto a 5 anni fa, e ponendo le premesse perché la nostra radiochirurgia diventi centro di riferimento nazionale. Lascio un ospedale in forte sviluppo. La sanità del territorio, però, ha fatto poca strada. Deluso? E vero. Non sono partite tutte le medicine di gruppo integrate su cui contavamo. Siamo riusciti a farne solo alcune, anche se sono fra le più all’avanguardia del Veneto. Le proteste in questi anni sono fioccate anche sul personale troppo esiguo, una criticità che va a rischio del servizio. La denuncia è venuta ormai tante volte dai sindacati, dagli stessi primari. Il personale è la maggiore risorsa dell’azienda. Ma è anche vero che il fabbisogno supera le possibilità che le norme ci consentono. Detto questo non posso non far presente che i numeri sono ripartiti. Il 31 dicembre del 2012 i dipendenti erano 3.897 e oggi sono 4.002, i medici erano 594 e oggi 621, gli infermieri erano 2005 e oggi 2069. Anche l’avvento del turno europeo ha messo in evidenza la carenza di personale. Alcuni reparti rischiano di scoppiare e di tagliare prestazioni. Certo. Questa botta delle 11 ore di riposo obbligatorio sta creando pesanti contraccolpi. Per poter curare meglio la gente ci vuole più personale. Non esistono alternative. Ora a far crescere malessere e insoddisfazione dei medici si aggiunge l’obbligo di dover stipulare una polizza personale. La vigilia di Natale ho incontrato una delegazione di medici. Li ho tranquillizzati. Non li lasceremo soli. Per la colpa lieve sono già protetti. Devono tutelarsi per la colpa grave. È ovvio che le assicurazioni cavalcano la questione e che qualche compagnia potrebbe marciarci. Io ho però dato disposizione all’ufficio legale di fornire a ogni medico che la chiederà tutta l’assistenza possibile per capire se la polizza che sta sottoscrivendo sia corretta o meno. Di più non possiamo fare. La più grossa difficoltà con cui si è scontrato in questi anni? Per uno come me che, dopo aver immaginato una soluzione, l’attuerebbe subito, nessun dubbio: le procedure farraginose, complicate, medioevali del sistema pubblico. Vorresti andare avanti e, invece, ti trovi ogni volta forche caudine, intoppi, problemi. La burocrazia fa diventare più prudenti anche i nostri dirigenti, che pure sono bravi, per paura delle conseguenze legate alla vigilanza della Corte dei conti. Un esempio? L’appalto per costruire la radiofarmacia che al San Bortolo si aspetta da una vita. Alla gara partecipano 7 ditte. Quattro non vengono ammesse. Delle 3 rimaste risulta prima quella che offre maggiore qualità e costi minori. Sa chi ha vinto alla fine? La ditta che garantisce minore qualità e costa di più. Perché? Perché è stata l’unica a presentare un documento sulla sicurezza che non è necessario, che il bando non richiedeva, ma che una sentenza del Consiglio di Stato emanata a concorso già aperto prescrive comunque come obbligatoria. Sono cose che provocano amarezza. Che cosa lascia di incompiuto? Un parcheggio adeguato alle esigenze dell’ospedale. L’idea che ho maturato è di costruirlo fra il seminario e il San Bortolo con la concessione dello ius aedificandi a un privato a fronte di precise garanzie. Sarebbe la premessa per creare un immenso parco verde senza auto davanti all’ospedale. La proposta è già in Regione. La lascio in eredità al mio successore. ·
Il Giornale di Vicenza – 29 dicembre 2015