Dal 1989 Attilio Pini è sempre riconfermato dall’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo. Merito di un curriculum altamente specializzato, formato vivendo per 20 anni in Africa
di Nicola Catenaro. Tra i candidati c’è stato anche chi, dopo aver dato uno sguardo alla graduatoria e letto la data di nascita (26 aprile 1930), ha pensato a un errore. Poi si è dovuto ricredere. Semplicemente Attilio Pini, veterinario di 84 anni, è riuscito a surclassare tutti i suoi colleghi più giovani (da 44 a 55 anni la differenza di età) nella selezione dell’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise (Izsam) per il conferimento di incarichi di co.co.co. nel settore «Virologia e biologia molecolare». Pini si è piazzato primo con un punteggio di 41,50. Cinque punti di distacco dal secondo. Vittoria del nonno sui nipoti. E, a giudicare dai resoconti, senza soffrire neanche un po’: l’arzillo veterinario parla inglese e francese e ha massima dimestichezza con Internet e con le altre tecnologie «social» utilizzate dalle nuove generazioni.
Dal 1989 contratti sempre rinnovati
Dal 1989 è contrattista all’Izsam, a Teramo, gli rinnovano l’incarico perché è considerato tra i massimi esperti delle malattie esotiche che fanno strage di animali e che, in alcuni casi, possono pericolosamente trasferirsi all’uomo. Insomma, un tecnico prezioso e quasi insostituibile. La sua esperienza di veterinario corre parallela alla sua esperienza esistenziale. Attilio Pini ha lavorato infatti per oltre venti anni in Africa e conosce rischi e patologie di quel continente a menadito. Tra queste ultime, la pleuropolmonite contagiosa bovina di cui l’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise è referente per l’Oie, l’organizzazione mondiale della sanità animale.
«Il lavoro per me è un hobby». Ma la pensione è di 500 euro
Pini, nonostante l’età, non accusa segni di stanchezza: «Il lavoro per me è un hobby, altri giocano a golf – dice -. Non amo frequentare i pensionati, i più parlano solo delle loro malattie. Stupidamente ho sempre trascurato il lato economico collegato alla mia attività e ho una pensione miserrima, di appena 500 euro, grazie al versamento di contributi volontari». Come racconta lui stesso nel libro autobiografico «Un veterinario a spasso per il mondo», Pini si è laureato in Medicina Veterinaria all’Università di Torino ma non ha mai esercitato questa professione (nel senso stretto della parola) ad eccezione dei primissimi anni e solo per cercare di arrotondare un modesto stipendio. Ha preferito sempre dedicarsi alla ricerca e diventare quello che definisce un «manovale della scienza».
Una vita tra Africa e Italia
Pur essendo entrato inizialmente di ruolo all’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, a Torino, decise quasi subito di tornare in Africa, luogo a cui era legato e dove aveva vissuto l’infanzia e l’adolescenza (da tre a sedici anni) con la famiglia. Tornando alla selezione, c’è da dire che la scelta di Pini non ha arrecato danni ai suoi colleghi più giovani. L’Istituto Zooprofilattico abruzzese ha infatti attinto a piene mani da quella graduatoria, pubblicata nove mesi e mezzo fa, affidando incarichi a quasi metà dei candidati in lista. Pini, però, resta insostituibile. Lo ammette anche il direttore generale, Fernando Arnolfo, all’Izsam da due anni: «Ha una esperienza internazionale notevole ed è un grande esperto dell’Africa. Noi seguiamo progetti in Namibia, Angola, Algeria e Libano e portarli avanti significa dare lavoro a molti giovani».
Il «problema» di sostituirlo
«Forse, però – riflette Arnolfo -, è stato commesso un errore: l’istituto non si è mai posto il problema del trasferimento di competenze del dottor Pini ad altri che possano prendere il suo posto. Ho prorogato il suo incarico fino a dicembre proprio per ovviare a questo problema». L’interessato, sul punto, la pensa diversamente: «Il trasferire competenze è quello che faccio – dice Pini – ma non è sempre facile. Spesso i competenti nel nostro paese possono dare fastidio ma dai più giovani sono apprezzato per il mio atteggiamento modesto. Aggiungo: morto un papa se ne fa un altro».
Il Corriere della Sera – 25 agosto 2014