Un altro caso Pfas, un altro devastante inquinamento delle acque venete, va evitato in tutti i modi. Per questo agli acquedotti dell’intero territorio regionale verranno messi speciali filtri capaci di catturare qualsiasi veleno in circolo. La decisione è stata presa da Palazzo Balbi la scorsa settimana con una delibera che affida ai gestori del servizio idrico l’incarico di avviare uno studio di fattibilità «finalizzato all’adozione di dispositivi fissi o mobili atti al filtraggio dell’acqua potabile erogata dagli acquedotti pubblici». Il tutto per affrontare eventuali «situazioni emergenziali dovute a contaminazione delle fonti idropotabili». In sostanza, dopo quello che è successo con le sostanze perfluoroalchiliche, con un inquinamento scoperto cinque anni fa e contro il quale si sta ancora lottando, la Regione ha deciso di correre ai ripari puntando sulla prevenzione. «Non può escludersi a priori che situazioni di emergenza nell’approvvigionamento idrico dovute a fenomeni di contaminazione delle fonti di prelievo a causa di elevate concentrazioni di sostanze contaminanti, possano verificarsi anche in altri ambiti del territorio regionale», spiega al riguardo l’assessore regionale all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, «Si ritiene pertanto opportuno che i gestori del servizio idrico integrato si dotino di impianti atti al filtraggio dell’acqua erogata, fissi o mobili, in modo tale da essere in grado di fronteggiare tempestivamente eventuali situazioni di rischio per la salute pubblica». I costi non sono precisati: saranno gli stessi gestori, nello studio di fattibilità, a doverli indicare. E questo perché gli acquedotti di ciascun territorio presentano caratteristiche e rischi diversi, per cui varierà anche il tipo di soluzione da adottare. E, naturalmente, in relazione ai costi verranno definite anche le tariffe, vale a dire quanto costerà ai cittadini l’acqua pulita e sicura. Secondo quanto stabilito in delibera, i gestori dovranno individuare impianti «di non trascurabile complessità tecnica e comportanti le necessarie implicazioni economiche anche in termini tariffari». I Consigli di bacino e i gestori eseguiranno pertanto gli studi di fattibilità riferiti ai singoli acquedotti; i risultati verranno poi valutati in sede di Coordinamento dei Consigli di bacino e in collaborazione con il neonato Comitato tecnico scientifico (istituito dalla Regione lo scorso 14 dicembre). A quel punto si procederà all’adozione delle soluzioni tecniche più idonee, di maggior efficacia e con i costi più sostenibili. A questa attività seguirà poi la predisposizione dei piani di sicurezza dell’acqua da parte di Palazzo Balbi.
Il Mattino di Padova – 4 gennaio 2018