Per il disegno di legge delega sul lavoro, meglio noto come Jobs Act, in esame in commissione Lavoro della Camera, resta da sciogliere il nodo “tempi” di approvazione. Il calendario fissato dal presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), prevede per questa settimana il proseguimento delle audizioni, poi l’avvio della discussione generale (che potrebbe durare una o due settimane), dopodiché si valuteranno gli emendamenti prima del voto e del passaggio in Aula: «Puntiamo a correggere il testo del Senato per migliolarlo – sostiene Damiano –. Si guarda ai contenuti dell’ordine del giorno approvato dalla direzione del Pd, ma in qualità di relatore prenderò in considerazione gli emendamenti presentati dai deputati della commissione».
Damiano non si sbilancia sui tempi d’approvazione alla Camera del Ddl delega che è Collegato alla legge di stabilità: «Un minuto dopo la conclusione della legge di stabilità – aggunge – il Jobs Act potrà andare in Aula. Consegneremo l’articolato al Senato affinché possa approvarlo nei tempi previsti dal governo». Il problema è che Renzi, secondo quanto ha confidato ai suoi più stretti collaboratori, non intende riaprire la partita al Senato con gli alleati della maggioranza sul testo su cui ha già raggiunto un equilibrio, che è stato “blindato” a palazzo Madama con il ricorso alla fiducia. Si tratta di capire se il governo è disponibile a modificare l’articolato che dovrà poi tornare al Senato per la terza lettura. O se, per evitare un allungamento dei tempi, Renzi deciderà di ricorrere nuovamente alla fiducia.
Il pressing a sostegno delle modifiche ieri è arrivato da Guglielmo Epifani e da Stefano Fassina: «Presenteremo alla Camera gli emendamenti bocciati al Senato – ha detto Fassina – tra i quali anche quelli per disboscare la giungla dei contratti precari». Stella polare della minoranza del Pd sono diventati i quattro punti votati dalla direzione nazionale, che vorrebbero esplicitare nel testo della delega, per non lasciare mano libera al premier Renzi nei decreti delegati. Prevedono l’estensione degli ammortizzatori sociali (in particolare ai precari), la riduzione delle forme contrattuali (a partire dai co.co.pro), i servizi per l’impiego volti all’interesse nazionale. L’ultimo punto riguarda la disciplina per i licenziamenti: per quelli economici l’indennizzo «certo e crescente con l’anzianità» dovrà sostituire il reintegro, che si propone di mantenere per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, «previa qualificazione specifica della fattispecie». Contro l’ipotesi di riaprire la partita è schierato il blocco moderato dela maggioranza, ovvero Ncd, Pi e Sc che fa quadrato sul testo votato al Senato.
Intanto in commissione Lavoro domani, tra gli altri, verranno ascoltati i rappresentanti di Ance, Alleanza delle cooperative italiane e Confindustria, martedì toccherà a Rete imprese Italia, mercoledì alla Conferenza delle Regioni.
Il Sole 24 Ore – 26 ottobre 2014