Processato e condannato anche se morto da oltre un anno. I giudici della V sezione penale della Cassazione commettono una “svista” e procedono con una causa per diffamazione a carico di Calogero Gueli, l’ex sindaco di Campobello di Licata ed ex deputato dell’assemblea della Regione siciliana.
Il difensore dell’imputato è intervenuto a difesa della Suprema corte: «Io non ho partecipato all’udienza di settembre – ha ricordato l’avvocato Lillo Fiorello, difensore di Gueli – La Corte di Cassazione non poteva sapere della morte di Gueli, perché non é stata informata del decesso che é avvenuto nelle more del procedimento».
Alla base della condanna dell’ex sindaco c’era un’intervista televisiva nel corso della quale, pur non facendone il nome, aveva accusato un suo avversario politico di usare le denunce penali per colpire sindaci e funzionari del comune «non potendo utilizzare le stesse armi che utilizzavano i suoi padri e i suoi nonni, cioè la pistola».
Il riferimento era al padre del suo rivale, condannato per reati di mafia circa settant’anni prima. La Corte di cassazione, al pari dei giudici di merito, ha escluso che l’attacco dell’ex sindaco potesse rientrare nel diritto di critica, sia per l’assenza di un interesse da parte dell’opinione pubblica a conoscere una vicenda così risalente nel tempo, sia perché la rivendicazione della condanna subita dal padre del rivale non aveva alcuna attinenza con il dibattito politico del momento. In più la Cassazione ha ricordato che l’ordinamento tutela il cosiddetto “diritto all’oblio” in merito a vicende lontane nel tempo. A questo punto però il legale dell’ex sindaco chiede la stessa tutela anche per il suo cliente ormai defunto.
L’espresso – 9 novembre 2012