Chirurghi denunciano: «Interventi ambulatoriali mettono rischio sicurezza pazienti»
Il passaggio dalla day surgery alla chirurgia ambulatoriale «può andare a scapito del paziente se non viene svolto rispettando le condizioni di sicurezza». A farsi portavoce delle preoccupazioni dei chirurghi è stato oggi a Milano Marco d’Imporzano, presidente del Collegio Italiano dei Chirurghi che segnala «vuoti normativi che mettono a rischio la sicurezza degli interventi e il lavoro stesso dei chirurghi», esponendoli a contenziosi giuridici con i pazienti.
«Non ci sono regole – ha spiegato – chiare per la chirurgia ambulatoriale. E gli ultimi provvedimenti non fanno chiarezza. Riteniamo che le scelte siano state fatte senza consultare adeguatamente gli addetti ai lavori e di conseguenza restano diverse questioni importanti aperte. In particolare sul regime ambulatoriale».
I chirurghi, continua, manifestano il loro disappunto e chiedono un «intervento immediato affinché il vuoto normativo non produca seri danni per la sicurezza dei pazienti oltre che esborsi economici inappropriati».
In regime di spending review, hanno affermato i chirurghi, «comprendiamo quanto sia necessario diminuire i ricoveri inappropriati in ambito medico ma non possiamo accettare di declassare la chirurgia da day surgery a chirurgia ambulatoriale. Infatti se i pochi regolamenti deliberati dalle Regioni si riferiscono al classico percorso della day surgery l’unico vantaggio sarebbe solo quello di introdurre il ticket e quello di diminuire in modo falso e artificioso i letti accreditati chiamandoli letti tecnici, ma cos’è un letto tecnico? Nessuno lo ha chiarito».
Sulla scia del provvedimento del Governo sulla spending review, le Regioni stanno deliberando alcuni tagli che preoccupano i chirurghi: «Stiamo assistendo al passaggio non ragionato di una serie di interventi
ritenuti delicati al regime ambulatoriale, con conseguente possibilità di scaricare la spesa sui cittadini con il ticket. Segnaliamo l’incognita dei cosiddetti letti tecnici, un falso usato per togliere un certo numero di posti letto dal conteggio della dotazione per mille abitanti e adeguarsi così alle richieste della spending review. E ancora i rischi per la sicurezza, con un solo chirurgo e uno strumentista impegnati in alcuni interventi».
E’ lunga la lista delle perplessità espresse oggi a Milano dalle società scientifiche dei chirurghi italiani e in particolare dai professionisti della Lombardia, una delle Regioni che ha già deliberato sulla chirurgia ambulatoriale e sui tagli richiesti dalla spending review.
Altra nota dolente: «Queste nuove regole prevedono che la chirurgia ambulatoriale, quale chirurgia minore, possa essere eseguita da un solo chirurgo aiutato da uno strumentista. Ma allora ci chiediamo: esiste in Italia la figura dello strumentista? Un solo chirurgo, poi, è insufficiente per questo tipo di interventi così come l’anestesista non deve essere a disposizione ma presente per molte di queste procedure, idem il ferrista».
Il Sole 24 Ore sanità – 15 febbraio 2013