«Le irregolarità sembrano attecchire dove ci sono produttori e confezionatori che non vendono al dettaglio, come la ristorazione, o come in molti casi di filiere lunghe»
Il Ministero della Salute ha pubblicato i risultati dei controlli ufficiali eseguiti su alimenti e bevande nel 2010. Il dato più interessante che emerge dalla relazione “Vigilanza e controllo alimenti e bevande in Italia” è che le irregolarità sembrano attecchire laddove ci sono produttori e confezionatori che non vendono al dettaglio i loro alimenti, come la ristorazione, o come in molti casi di filiere lunghe, che non consentono un rapporto diretto e di fiducia tra produttori e consumatori.
Le infrazioni nel 2010 sono state 50.929 (contro le 54.858 del 2009), su un totale di controlli pari a 403.724 unità operative (pari al 29,0%) rispetto al numero di strutture segnalate sul territorio nazionale (1.391.879), minori però a quelle dell’anno precedente (470.612). Ma il numero dei campioni sottoposti ad accertamenti analitici è inferiore a quello degli anni precedenti, quindi non è possibile fare un confronto.
Tra i principali motivi di infrazione, l’igiene generale, il personale e le procedure HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points, un sistema di autocontrollo igienico che previene i rischi di contaminazione alimentare). Anche per l’attività analitica si evidenzia una diminuzione dei campioni analizzati: nel corso del 2010 sono stati analizzati 118.603 campioni (143.785 nel 2009), di cui 3.120 sono risultati irregolari. Un dato rilevante è che nel 2009, con un numero maggiore di campioni, le irregolarità erano risultate inferiori: solo 2.487. Il che fa pensare e invita a mantenere alta la guardia.
Per quanto riguarda la produzione primaria, sono state controllate dal Servizio Igiene degli Alimenti e Nutrizione (Sian) 4.457 unità, di cui 268 mostravano infrazioni (pari al 6%, ma il dato scende all’1,3 nei dati dei Servizi Veterinari su un totale di imprese controllate pari a oltre 116mila), un dato sensibilmente inferiore ai confezionatori (19% di irregolarità), ma anche ai grossisti (18% di irregolarità) e al dettaglio (14,6%) o alla ristorazione pubblica (24,5%) e collettiva (20%).
Negli ultimi 10 anni il totale delle irregolarità è rimasto intorno al 20%, con la massima flessione nel 2002 (16,3%). Ma i controlli totali sono diminuiti da 312mila ispezioni nel 2002 a 210mila nel 2010; da 251mila unità controllate nel 2002 a quasi 164mila nel 2010.
Oltre il 48% delle irregolarità è stato dettato da scarse condizioni igieniche; un ulteriore 35% dal mancato rispetto dell’Haccp e, per fortuna, solo un 1,3 % infrazioni nella composizione degli alimenti (sofisticazioni o frodi in senso stretto), con un 2,6% di ulteriori irregolarità nell’etichettatura.
Qualche difficoltà nasce dalla presenza di controlli in capo a diversi soggetti, il che non restituisce una fotografia unica: ai dati dei Servizi Veterinari si aggiungono i dati e monitoraggi del Sian, dei Laboratori di Sanità Pubblica Pubblici, degli Istituti Zooprofilattici ma anche delle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (Arpa). In alcuni casi i controlli sono diminuiti e le irregolarità aumentate, in altri casi è vero il contrario. Diventa difficile quindi per amministratori e risk manager avere una fotografia unica: la realtà è già complessa e la polifonia delle voci non restituisce un quadro omogeneo e facilmente interpretabile.
Ilpuntocoldiretti.it – 3 ottobre 2011