La Commissione agricoltura della Camera ha deliberato una indagine conoscitiva sul settore zootecnico nazionale, che dovrà concludersi entro il luglio 2015. Tra le grandi questioni aperte che l’Italia non ha ancora affrontato nel settore agricolo e dell’allevamento vi è la sua dipendenza dalle importazioni dall’estero delle produzioni zootecniche di base, soprattutto dei capi bovini e suini da ristallo e dei prodotti da trasformare come la carne ed il latte.
Le maggiori criticità mai affrontate e risolte sono costituite dagli elevati costi di allevamento, dalla forte dipendenza dall’estero, dalla scarsa disponibilità di terreni, dalla polverizzazione aziendale e da una filiera frammentata, cui oggi si aggiungono esigenze ambientali sempre più stringenti e crescente concorrenza. Ciò si traduce in conti aziendali in sofferenza con sbilanciamento del potere contrattuale a favore della grande distribuzione organizzata.
La filiera bovina, vale circa il 7% dell’intera produzione agricola e zootecnica nazionale e circa un quarto dell’offerta zootecnica complessiva. In generale, dai dati rilevati per il settore zootecnico del 2013 (fonte: INEA) si evince come il comparto dell’allevamento italiano rappresenta oltre il 31,3% del valore complessivo della produzione nazionale agricola con un aumento 3,2% del valore della produzione del 2012, anche se il risultato positivo è da attribuire unicamente al rincaro dei prezzi medi alla produzione (+3,3%), data la lieve diminuzione delle quantità prodotte (-0,1%).
La riduzione, in volume, ha riguardato esclusivamente il complesso delle carni (-0,8%), mentre le produzioni di latte e di uova hanno registrato un aumento pari rispettivamente all’1% e al 2,6%. Il 2013 ha mostrato una diminuzione della quantità complessiva di carne prodotta (-1,5%), con incrementi del 2,3%e dell’1,3% riferiti rispettivamente ai soli settori della carne suina ed equina, ed una diminuzione della produzione di latte, sia quella di latte di vacca e bufala (-1,1%), che di pecora e di capra (-0,8%). In leggera diminuzione è risultato il valore della produzione delle uova (-0,9 ), come risultato di un aumento delle quantità prodotte (+1,8%) e di un calo dei prezzi (-2,7 per cento), diversamente dalla produzione di miele che ha registrato ancora una riduzione in quantità (-5%) compensata dall’aumento dell’8,5 per cento del prezzo. In crisi rimangono i settori cunicolo e suinicolo di origine italiana con allevamenti via via sempre meno consistenti.
Nel contesto europeo la zootecnia italiana si colloca tra le posizioni di vertice per quanto riguarda la produttività e la produzione di valore.
La struttura delle aziende italiane è tale da consentire di definirle realtà agroindustriali: dotazione di bestiame elevata (540 unità di bovino adulto, o UBA, contro circa 215 della media europea), intenso impiego di lavoro (2,3 unità di lavoro contro la media UE di 1,9) peraltro caratterizzato da una minore incidenza del lavoro familiare.
Con questa struttura le aziende italiane riescono a tradurre in reddito netto quasi il 40% del valore della produzione contro il valore medio UE del 13%.
Con riguardo alla zootecnia bovina da latte, gli allevamenti italiani registrano il miglior risultato reddituale per addetto familiare, 50.000 euro contro la media UE di circa 16.000 euro, e la più alta redditività per unità di bestiame. Anche per gli allevamenti di bovini misti, da carne e da latte, le aziende italiane fanno registrare un buon livello di reddito netto sul valore della produzione (39%), inserendosi nel gruppo capofila composto da Portogallo, Lituania e Grecia.
Nel settore ovicaprino gli allevamenti italiani e portoghesi si collocano nella seconda posizione dopo la Grecia con il 45% e 44%. Le dotazioni delle aziende italiane sono mediamente in linea con il dato europeo per quel che concerne il bestiame allevato, e più ridotte in termini di terra (30 UBA e 46 ettari il dato medio per l’Italia contro 32UBA e 37 ettari delle aziende ovicaprine europee) – ma decisamente non confrontabili con le strutture di altri paesi, come il Regno Unito. Secondo l’INEA, la scarsità di superfici da destinare al pascolo ha determinato negli anni il prevalere di un modello intensivo a elevata concentrazione territoriale, che ha risposto brillantemente agli obiettivi propri del secondo dopoguerra di aumentare le rese e garantire l’accessibilità diffusa al consumo di carne, ma che oggi incontra difficoltà a generare reddito e assecondare la domanda dei consumatori.
Oggi, l’obiettivo delle politiche economiche non è più aumentare la produzione, ma migliorare la qualità delle carni, con un consumatore diventato ormai attento alla provenienza. Da qui nasce l’esigenza di valorizzare i punti di forza del settore, a partire dalla presenza di razze autoctone e di marchi a denominazione di origine e, non ultimo, da una domanda di carne che tiene, grazie a stili di consumo che continuano a conferirle un ruolo importante.
Giova a rafforzare tale aspetto il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 4 marzo 2011 con cui viene regolamentato anche il “Sistema di qualità nazionale zootecnia”che si applicherà ai prodotti di origine zootecnica contraddistinti da caratteristiche qualitativamente superiori rispetto alle norme di commercializzazione o ai requisiti minimi stabiliti dalla normativa comunitaria e nazionale. I requisiti minimi che i disciplinari devono contenere riguardano l’alimentazione e le condizioni di allevamento.
Anche il settore biologico sta mostrando importanti segni di vitalità: nel 2013, le aziende zootecniche biologiche sono cresciute del 4,1%, con Sicilia e Sardegna che concentrano il 49,8% del totale nazionale. Sono aumentati in misura consistente i capi relativi alle categorie “altri animali” (+635%), equini (+38,7%), caprini e (+15,9%) e bovini (+13,6%).
Dai pochi dati disponibili si evince come il sistema zootecnico italiano e la sua relativa filiera di trasformazione vivano in un contesto con numerosi punti di forza ma anche con forti e delicati punti deboli. Si tratta quindi di approfondire meglio le attuali caratteristiche della zootecnia nazionale e come siano sviluppate le amministrazioni e le organizzazioni, pubbliche e private, che la regolano, al fine di comprendere soprattutto quale sia l’effettiva situazione in cui l’intero sistema zootecnico nazionale è chiamato ad operare ed acquisire suggerimenti e proposte per incrementarne le sue qualità e per permettergli di superare le evidenti debolezze che lo sovrastano.
A questo fine appare opportuno procedere ad un’indagine conoscitiva sul sistema zootecnico nazionale che tenda ad acquisire tutti gli elementi che caratterizzano il settore, sia dal punto di vista economico e degli allevatori e sia dal punto di vista del contesto istituzionale e associativo (pubblico e privato) che lo sostiene e lo regola, avendo come base di lavoro l’accertamento delle esigenze degli imprenditori agricoli e le prospettive del settore.
Nell’ambito dell’indagine conoscitiva, la Commissione intende procedere all’audizione di tutti i soggetti che possono dare un utile contributo.
Fonte Camera dei deputati – 27 febbraio 2015