Il randagismo è una piaga che non sempre i comuni e le Asl affrontano con la dovuta efficacia, tanto che sono quotidiani i danni subiti da automobilisti e motociclisti in conseguenza del passaggio improvviso di cani abbandonati o nel caso dei pedoni a causa del loro morso o delle loro aggressioni.
Sono persuasive, in tal senso tutte le decisioni che attribuiscono una specifica responsabilità ai vari enti in tema di danni connessi al randagismo per determinare una lotta più convincente al fenomeno.
L’ultima che vale la pena di segnalare, sottolinea Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è la sentenza n. 17118 del 12 settembre 2012 del Tribunale civile di Roma che ha liquidato al centauro caduto dalla moto a causa di un randagio la non irrilevante somma di 18mila euro a titolo di danno biologico in virtù delle tabelle per il calcolo di tale tipo di danno applicate nel suddetto tribunale.
Il principio riconosciuto dal giudice di merito sta nel fatto che comunque spetta al comune il risarcimento dei danni subiti dal motociclista caduto in seguito al passaggio di una cane randagio.
Ciò anche se vi è una responsabilità delle Asl sulla gestione del fenomeno dei randagi. L’amministrazione comunale, in tali casi, non può essere esonerata da responsabilità in virtù del principio del “neminem laedere”, che la rendono responsabile dei danni conseguenti alle condotte omissive per comportamenti dovuti, che costituiscono il limite esterno alla sua attività discrezionale.
Da ciò discende che l’ente locale deve risarcire i danni patiti da un motociclista aggredito da un cane randagio durante la marcia del mezzo, poiché l’amministrazione locale – ai sensi della legge-quadro 14 agosto 1991, n. 281 e delle relative leggi regionali in tema di animali di affezione e prevenzione del randagismo – è obbligato, in correlazione con gli altri soggetti indicati dalla legge, al rispetto del dovere di prevenzione e controllo del randagismo sul territorio di competenza.
9 novembre 2012 – Asca