Maria Corbi. L’e-mail che arriva è piena di ansia per un futuro troppo incerto. A scriverla è una ragazza di 18 anni, Rosa Maria Farsetti, studentessa romana di un liceo scientifico con il sogno di andare a studiare all’estero. Il problema, spiega la studentessa, è «che non solo siamo svantaggiati rispetto ai nostro coetanei europei se rimaniamo nel nostro paese vista la crisi e le poche prospettive, ma lo siamo anche se decidiamo di andare a studiare all’estero dove veniamo penalizzati per il nostro metodo di studio».
Soprattutto in Inghilterra dove, effettivamente, agli italiani le Università chiedono un voto di ingresso più alto rispetto a chi ottiene l’International Baccalaureate o altri diplomi».
Ed è in Inghilterra che si stanno concentrando le ambizioni dei maturandi italiani. Sempre di più scelgono di abbandonare gli atenei italiani e di provare in una università del Regno Unito (moltissime delle quali sono posizionate nei ranking tra le prime 100 al mondo) come rilevano i dati delll’Ucas, l’agenzia che si occupa della gestione delle domande di ammissione alle lauree di primo livello, gli “undergraduate degrees.
Ma non è così facile attraversare la manica ed entrare in un campus. Basta visitare i siti delle Università british per capirlo. Nel Russel Group, di cui fanno parte i più prestigiosi atenei, a uno studente italiano non viene chiesto meno di 90. A Bristol, per esempio, per Economia chiedono 95 e specificano che in matematica e altre materie può essere chiesta la votazione di 10 o 9 (per matematica). Ma questi punteggi sono rari nelle pagelle italiane. Un problema culturale, come denuncia Beatrice Cito Filomarino, consulente dell’educazione, una figura sempre più presente nelle scelte scolastiche. Sono esperti che aiutano i ragazzi a costruirsi curricula adatti alla strada che vogliono intraprendere: Li supportano nella scelta e nelle application alle Università, e spesso organizzano per loro esperienze di lavoro estive, che contano molto per essere presi in considerazione dalle migliori università del mondo. «Lo studio è il dovere per eccellenza di noi ragazzi, ma se non ci danno le carte per andare avanti, come diavolo si aspettano che facciamo?», chiede Rosa Maria.«Più che un sogno, l’Inghilterra è una necessità.Renzi ci ha pregato di rimanere in Italia per farle un paese più bello….?». Prima ci dicono che siamo bamboccioni, che vogliamo restare a casa, poi che non ce ne dobbiamo andare…». Rosa Maria non lo dice ma il sottotitolo è chiaro: «fate pace con il cervello». Una questione di prospettive future di lavoro ma non solo. Visto che le università inglesi hanno molte agevolazioni dedicate agli studenti europei. Concedono l’accesso al «loan», ossia al prestito d’onore. per cui i ragazzi non pagano le tasse scolastiche (sulle 9mila sterline l’anno) ma rimborseranno il debito solo una volta che inizieranno ad avere uno stipendio superiore alle 21mila sterline, E la rata sarà del 9 per cento sulla differenza tra la busta paga e 21mila sterline, considerate la soglia di sussistenza.Con un tasso di interesse poco più alto di quello di inflazione. E con la certezza che dopo 30 anni il debito sarà comunque estinto. Garantito anche l’alloggio che può costare dalle 2mila alle 3mila sterline all’anno. Per non parlare della Scozia dove per un italiano studiare è gratis.
La Stampa – 17 agosto 2014