Una pizza, ma senza birra. Una mancia. Un’elemosina. La grande operazione di rilancio dell’economia, attraverso uno stimolo alla domanda e ai consumi, si è incagliata nel Consiglio dei ministri di martedì che ha varato il mini-cuneo fiscale. E ha fatto flop.
Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, confermati in gran parte anche da Palazzo Chigi, il beneficio netto in busta-paga nel 2014 andrà da un minimo di 3 euro ad un massimo di 14 euro al mese. A ben guardare solo i più fortunati potranno permettersi una pizza e gli altri dovranno accontentarsi di poco più di un caffè.
E’ questa la sintesi della manovra sul cuneo fiscale che mette in campo solo 1,5 miliardi per aumentare nel 2014 le detrazioni Irpef a favore di 15,9 milioni di lavoratori dipendenti con redditi fino a 55 mila euro lordi annui. Cifre molto più basse di quanto ipotizzato alla vigilia del Consiglio dei ministri quando il governo aveva lasciato trapelare l’imminenza di un intervento un po’ più consistente, pari a circa 2,5 miliardi. Intervento peraltro già contestato e ritenuto insufficiente dai sindacati nei giorni scorsi. Chiedevano almeno il doppio per il bonus destinato ai dipendenti ed ora, alla luce, dei primi calcoli minacciano lo sciopero. Perplessa anche la Confindustria che, fino all’ultimo momento, aveva chiesto di mettere sul tavolo almeno 10 miliardi. Bordate difficili da digerire tanto che qualche ripensamento sta emergendo anche tra i ranghi del governo: “Certamente si poteva fare di più e certamente si potrà migliorare in Parlamento, siamo aperti a contributi”, ha ammesso ieri sera il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni in un’intervista al Tg1. Fonti di Palazzo Chigi, interpellate dopo l’arrivo di Letta a Washington, aggiungono: “Il fatto che le critiche vengano da Confindustria e dai sindacati dimostra che la manovra è equilibrata. Comunque in Parlamento si potrà migliorare”.
Ma per ora il risultato è assai modesto. I calcoli dell’ufficio studi veneto non lasciano scampo: ci sarà molto poco in busta- paga anche per i redditi più bassi. Se si prendono i 2 milioni 600 mila lavoratori che stanno alla base della piramide, con un reddito lordo che va dai 10 mila ai 15 mila euro, emerge che il beneficio mensile si limiterà a 9 euro. Su base annua chi guadagna 10 mila euro potrà contare su 50 euro, circa 4 euro al mese. La situazione migliora solo leggermente nella fascia che sta intorno ai 15 mila euro lordi all’anno (ci si trovano 3 milioni e 600 mila lavoratori): nell’arco dei dodici mesi il beneficio netto – il bonus più alto dell’intera operazione – sarà di 172 euro, che mensilmente diventano 14 euro e che al giorno fanno 46 centesimi. Un po’ poco per ridare fiato al potere d’acquisto.
Salendo nella scala dei redditi dei lavoratori dipendenti i vantaggi, già esigui, si riducono drasticamente. Ad esempio la fascia successiva, quella che sta intorno ai 20 mila euro di reddito lordo, avrà in busta-paga il prossimo anno 152 euro: una beffa anche per questi 3 milioni e 800 mila lavoratori che ogni mese avranno a disposizione solo 12 euro in più. Il dato elaborato dalla Cgia di Mestre non si allontana molto dalla simulazione diffusa ieri da Palazzo Chi secondo la quale tra i 15 e i 20 mila euro ci sarà un sollievo fiscale di 152 euro.
Più si sale e più ci si avvicina a microvantaggi ridicoli: una maglietta al mercatino, un panino ben farcito, un cappuccino con brioche. Ad esempio per i 3 milioni di lavoratori, operai e impiegati che stanno tra i 26 mila e i 35 mila euro, il bonus mensile sarà di 8 euro. Quasi una presa in giro ancora più in alto: tra i 35 mila e i 40 mila, dove ci sono 683 mila lavoratori, in busta- paga ci saranno 6 euro in più al mese. Per i 704 mila che guadagnano tra i 40 mila e i 50 mila, la beffa di 3 euro mensili. Almeno a quota 55 mila non si prende nulla, perché a questo livello non si ha più diritto a nessuna detrazione.
Ma non è finita. Il rischio è che questi magri guadagni vengano vanificati dagli altri aumenti o interventi della manovra: gli statali, ad esempio, se la dovranno vedere la proroga del blocco della contrattazione e il taglio degli straordinari. La sanità ha scampato il pericolo, ma gli enti locali e le Regioni subiranno tagli che avranno un riflesso sulle tasche dei cittadini. Senza contare che sulla manovra pende la spada di Damocle del taglio delle agevolazioni fiscali al 19 per cento: già è stato operato sulle polizze vita e, se si toccheranno mutui per la casa e spese sanitarie, il bilancio della manovra sarà decisamente con il segno meno per i contribuenti che hanno un lavoro dipendente.
E non a caso ieri Federconsumatori e Adusbef hanno già tentato di tracciare un primo bilancio del dare-avere dell’intera manovra: a fronte della riduzione del cuneo fiscale, le famiglie dovranno fare i conti con la nuova Trise, con il blocco della contrattazione nel pubblico impiego, con l’aumento dell’imposta di bollo e con l’Iva. Una stangata.
Repubblica – 17 ottobre 2013