Il tema non è mettere in discussione la tracciabilità dei rifiuti. L’obiettivo è sacrosanto. Il problema non è il “che cosa” bensì il “come”. Il Sistri è nato viziato fin dall’inizio: inefficace, costoso, difficile da usare, inquisitorio.
Con tutte le tecnologie di oggi – non c’è bisogno del Rfid e dei lettori a barre: perfino un banale telefonino contiene il tracker Gps – sarebbe facilissimo seguire i movimenti dei rifiuti. «Allora tanto varrebbe azzerare il vecchio Sistri, bandire una sana gara europea e rapidamente costruire un Sistri nuovo, efficace, che possa essere utilizzato da tutte le imprese, senza ulteriori oneri», suggerisce Gaetano Maccaferri, imprenditore bolognese, vicepresidente della Confindustria con delega alla semplificazione e all’ambiente.
Maccaferri, pensa davvero che valga la pena di azzerare il Sistri?
La nostra idea è superare il Sistri. Bisognerebbe ripartire da zero ed elaborare un sistema davvero fruibile per le imprese e, soprattutto, funzionale all’obiettivo, cioè seguire i movimenti dei rifiuti pericolosi. Certo, mi rendo conto che non sarà facile, sebbene l’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici abbia emesso una delibera nella quale viene affermato che le procedure di affidamento del vecchio contratto alla Selex non sono valide.
La nascita del Sistri è indebolita anche dalle indagini della magistratura, Maccaferri. Però se non potesse essere azzerato e rifatto, come migliorare il Sistri?
Nelle settimane scorse Confindustria ha sottoposto al ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, un documento che contiene le nostre proposte di modifica al sistema.
È un documento semplice, spero.
Sono servite circa cento pagine per potere spiegare gli interventi che servirebbero al sistema informatico e le semplificazioni normative e regolamentari senza le quali il sistema non può funzionare. La lunghezza del nostro documento purtroppo è indicativa della complessità della “macchinaSistri”: sulla parte informatica sono necessarie cinque modifiche e la parte normativa deve essere resa coerente.
Da anni avete una collaborazione stretta con l’Ambiente per semplificare il sistema.
Una collaborazione ottima. I tavoli di confronto fra ministero e imprese hanno senza dubbio portato risultati, senza però cambiare l’impianto iniziale. Noi abbiamo rilevato la necessità di modifiche sostanziali al sistema, e finora ci sono stati rinvii, riduzioni nel numero delle imprese obbligate, ritocchi utili ma non certo risolutivi. Confindustria chiede che, in attesa di una modifica sostanziale del Sistri o, meglio ancora, in attesa che venga realizzato un nuovo sistema, vengano sospesi l’obbligatorietà del Sistri e il versamento dei contributi relativi. Non si tratta di sottrarsi al dovere di contribuire al finanziamento del servizio di tracciabilità, ma soltanto pretendere la funzionalità di un servizio pubblico da parte degli utenti che ne sostengono i costi. Non mi sembra una richiesta irragionevole.
Le sanzioni però non si applicano.
Sì, ma scatteranno dal 1?gennaio. Noi chiediamo che continuino a non essere applicate finché il sistema non sarà riscritto. Il ministro Galletti e la sua squadra dimostrano qualità molto costruttive, quindi il ministero dovrebbe eliminare l’obbligo per le imprese e, al tempo stesso, cancellare nuovi pagamenti, già in fase di conversione del decreto 91 su ambiente e competitività. E poi pensiamo che possa servire una delega al governo per riscrivere un quadro normativo coerente. I tempi sono molto stretti e bisogna agire.
Però non si può rinunciare a un sistema di tracciabilità dei rifiuti pericolosi.
Certamente. Bisogna però avere ben presente che i controlli su strada restano indispensabili e che nessun sistema può sostituirli. La tracciabilità oggi si basa sui documenti cartacei e l’informatica, se ben utilizzata, può essere d’aiuto. Ma il Sistri, così com’è congegnato, è tecnologicamente inefficace, è nato vecchio, con difetti strutturali che lo rendono inapplicabile e che si combinano con un quadro normativo e regolamentare che ha visto solo sommarsi provvedimenti disarmonici. Quanti? Ecco alcuni numeri, per rendere l’idea: quattro leggi, undici decreti ministeriali, una circolare, un quadro sinottico, un comunicato dirigenziale. E sette rinvii. Sono normative spesso in contraddizione fra loro. Impraticabili. Ricorda il tragicomico clic day del 2011? Fu la prima prova completa di funzionamento del Sistri e quasi 20mila aziende non riuscirono neanche ad accedere al sistema informatico. Finora le imprese hanno versato 100 milioni di euro per qualcosa che ancora non funziona. Abbiamo calcolato che solo il 10% delle imprese riuscirebbe a far girare il Sistri. Inutile perseverare nell’errore, perché alla fine chi ci rimette saranno come sempre gli italiani e, quel che è peggio, senza alcun vantaggio per l’ambiente.
Il Sole 24 Ore – 9 luglio 2014