Un ristoratore denunciato, 36mila euro di sanzioni amministrative, oltre tre quintali di prodotti alimentari, ittici e non, sequestrati: è il bilancio delle ispezioni eseguite, in questo scorcio di estate, dai carabinieri della motovedetta di Chioggia, unitamente ai veterinari dell’Asl14 in bar, ristoranti e chioschi di stabilimenti balneari.
Una campagna di controlli che si ripete ogni anno, in tutta Italia, con il preciso scopo di tutelare i consumatori nel periodo delle vacanze, in cui è più frequente mangiare fuori casa e l’affollamento dei locali può portare a qualche cautela in meno nella preparazione dei pasti. I controlli eseguiti a campione, comunque, hanno riguardato poco più di una ventina di attività, tra Chioggia e Sottomarina, e in circa la metà di esse sono state trovate delle difformità di varia natura. La più grave è quella della detenzione del novellame. In questo caso il consumatore non corre alcun rischio, ma è la specie ittica in questione a subire il contraccolpo maggiore, perché la perdita degli esemplari giovanili mette in pericolo la capacità riproduttiva degli stock. Il titolare del ristorante in cui è stato trovato il pesce sottomisura, quindi, dovrà fare i conti con una denuncia penale che potrebbe coinvolgere tutta la filiera attraverso la quale si è procurato il prodotto irregolare. Altre contestazioni hanno riguardato la tracciabilità dei prodotti destinati al consumo (etichetta, mancante o irregolare, provenienza incerta, ecc.) che denota una situazione di potenziale pericolo per i consumatori. Infine, in alcuni casi, sono stati trovati, in dispensa o nei frigoriferi, dei prodotti scaduti. Nulla dimostra che siano stato serviti a dei clienti, ma andrebbero buttati subito, in ogni caso, e non tenuti insieme a quelli “buoni”. Del resto la legislazione italiana sul trattamento e sulla conservazione dei cibi è una delle più restrittive, non solo a livello europeo, e punisce con sanzioni severe (diverse migliaia di euro) comportamenti che sono irrilevanti a livello domestico (chi garantisce, ad esempio, la provenienza delle uova o delle verdure regalate tra vicini di casa?) ma che non sono accettabili a livello di ristorazione di massa, proprio perché nel gran numero di porzioni servite ai clienti di un pubblico esercizio, che possono trovarsi nelle più disparate condizioni fisiche e metaboliche, è più probabile che, anche con una percentuale minima di rischio, ci scappi il malore o l’intossicazione.
La Nuova Venezia – 1 settembre 2014