Così il virus ebola continua a colpire i sopravvissuti. Vinta la malattia, appaiono problemi seri alla vista e all’udito. Uno studio cerca di capire perché
Anche se scomparso dai titoli dei media, il virus Ebola non è sparito dall’Africa occidentale, dove centinaia di medici, infermieri e Ong stanno ancora lottando per eliminarlo. In Guinea e Sierra Leone la malattia non è ancora arginata. E nella Liberia, pur dichiarata a maggio Ebola-free dall’Organizzazione mondiale della sanità, sono appena stati registrati due nuovi casi. Ma la lotta contro Ebola non è finita nemmeno per chi, nell’ultimo anno e mezzo, alla malattia è sopravvissuto e si ritrova oggi con una vita dimezzata.
Quella dei superstiti è una lotta contro pregiudizi, paure e anche contro le misteriose conseguenze che la malattia sembra avere a lungo termine sull’organismo.
«Sopravvivere a Ebola è solo l’inizio di una nuova battaglia» dice Mosoka Fallah, epidemiologo e immunologo che, per conto del ministero della Salute liberiano, sta conducendo uno studio su 1.500 persone sopravvissute all’epidemia del 2014 che durerà tre anni. «Quelli che già stanno emergendo sono gravi problemi di vista e udito, ma anche insonnia ed estremo affaticamento». Degli effetti postumi di Ebola si sa pochissimo. Lo studio di Fallah riparte da uno del 2009, il primo sull’argomento, condotto in Uganda su 200 pazienti due anni dopo l’esplosione di una delle passate epidemie. «I risultati di quello studio, ora pubblicati sulla rivista scientifica Lancet, hanno molti elementi m comune con i dati che stiamo raccogliendo ora m Liberia».
Danielle Clark, epidemiologa della Marina americana, tra i firmatari dello studio del 2009, spiega: «Sul tavolo ci sono due ipotesi. I disturbi da post Ebola potrebbero essere la conseguenza di gravi danni che il virus infligge alle cellule di organi vitali. Oppure arrivano da una malattia autoimmune indotta dal virus, che colpisce soprattutto gli occhi». «In Uganda nel 2007 un terzo dei pazienti soffriva di gravi problemi alla vista cominciati sei mesi dopo la remissione del virus» spiega Daniel Bausch, esperto di Ebola dell’Oms a Ginevra. «Ora anche nell’Africa occidentale ci sono molte persone che, in seguito alla malattia, hanno perso la vista a un occhio. Le cellule immunitarie non arrivano nell’organo visivo. E forse Ebola lo usa come nascondiglio». Il caso del medico americano della Vanderbilt University lan Crozier sembra accreditare questa ipotesi. A due mesi dalla guarigione, nell’autunno del 2014, un test clinico scoprì che il virus si era nascosto nell’occhio sinistro del paziente, che aveva anche cambiato colore, passando dall’azzurro al verde. «Sappiamo che Eboia resta nello sperma almeno sei mesi dopo la guarigione. Ora sappiamo chi può restare anche negli occhi. E adesso la domanda a cui è più urgente rispondere è se, e per quanto tempo, i sopravvissuti siano ancora contagiosi».
Il Venerdì di Repubblica – 7 agosto 2015