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La nuova ondata. Un milione con il Covid. I medici di famiglia: “Mai visti così tanti casi”. Boom di reinfezioni, sono il 9,5% dei contagi. Balzanelli (118): “Si rivedono le polmoniti”

Repubblica. Ma quanto Covid c’è oggi in Italia? I dati ufficiali parlano di un milione di persone attualmente positive (965.564). L’Istituto superiore di sanità (Iss) nel suo rapporto settimanale mette però in guardia: «C’è un forte aumento di persone con un’infezione non notificata per motivi di sottodiagnosi e autodiagnosi». Un buon termometro per misurare la temperatura della pandemia sono allora i medici di famiglia. Anche chi si limita a fare un tampone casalingo, senza denunciarlo, non nega infatti una telefonata al suo dottore. E la voce dei medici parla chiaro: «Non abbiamo mai osservato numeri simili in oltre due anni di pandemia» dice Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, Federazione italiana medici di medicina generale. «Io solo oggi ho avuto 6 nuovi positivi, contro i 2-3 che contavo in precedenza. Ma ci sono colleghi che hanno molti più assistiti e vedono 50 nuovi casi al giorno».
La realtà quindi è che l’epidemia in Italia monta al di là degli 84.700 casi registrati ieri, con 325mila tamponi quando a dicembre-gennaio arrivavamo fino a un milione al giorno. Anche il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, cui non manca la dimestichezza con i numeri, ha analizzato la curva: «Siamo in una zona di chiaro aumento esponenziale solido e costante da quasi due settimane, con i casi che raddoppiano in poco più di dieci giorni». Alla sua richiesta di non allentare l’obbligo di mascherina nei luoghi chiusi più a rischio ha risposto l’infettivologo Matteo Bassetti, del San Martino di Genova, invitandolo a non occuparsi di materie a lui estranee.
Il Covid, in realtà, in questo momento non è estraneo a nessuno.Molti casi, spiega Mario Balzanelli, presidente del servizio sanitario di urgenza 118, «vengono scoperti per caso in pronto soccorso, dove il tampone è obbligatorio. Sono persone che si trovano lì per altri motivi, totalmente asintomatiche». Questo è segno di «una circolazione virale elevatissima». L’aumento dei contagiati si traduce anche in un aumento dei casi gravi. «Ricominciamo a vedere polmoniti provocate da Omicron 5», avverte Balzanelli.
L’aumento dei contagi e in proporzione delle polmoniti si riflette sugli ospedali. I posti letto dedicati al Covid sono aumentati anche ieri: 7.035, ovvero 205 in più. I casi più gravi, ricoverati in terapia intensiva, sono diventati 275: in un giorno 11 in più. Anche i decessi, nei dati dell’Iss, sono in crescita: se ne sono registrati 213 complessivi nella settimana appena trascorsa, erano stati 174 in quella precedente.
Il segreto di Omicron 4 e Omicron 5, le varianti che secondo l’Istituto superiore di sanità si stanno espandendo in Italia, non è solo la maggiore contagiosità (l’indice R0, stimato attorno a 17, sarebbe fra i più alti mai osservati tra i virus), ma anche la capacità di sfuggire agli anticorpi sviluppati con il vaccino o una precedente infezione. Questo spiega il numero sempre crescente di reinfezioni. Il 9,5% dei tamponi positivi, si legge nel rapporto settimanale dell’Iss, ormai appartiene a persone che sono almeno al secondo contagio. La percentuale è andata costantemente aumentando a partire dall’arrivo di Omicron, all’inizio del 2022, quando era intornoall’1%.
Covid, salgono i ricoveri. In cinque Regioni ospedali già in allarme Umbria, Sicilia, Calabria, Val d’Aosta e Basilicata sopra la soglia di rischio

Repubblica. Mentre i positivi sfiorano di nuovo il milione, per via della super contagiosa variante Omicron 5 che ora si registra in più del 60% dei casi, anche il numero di posti letto occupati dai malati Covid si alza rapidamente. A preoccupare per ora non sono le terapie intensive, dove la percentuale media di ricoveri è al 3%, quanto i reparti ordinari, con le solite grandi differenze tra un territorio e l’altro. Se la media nazionale si ferma al 10%, sono già cinque le regioni che hanno superato la soglia critica: Umbria, Sicilia, Calabria, Valle D’Aosta, Basilicata. Ma anche la Campania grida all’emergenza: secondo il presidente Vincenzo De Luca, sono già saturi i posti letto Covid al Cardarelli di Napoli, al Ruggi di Salerno, agli ospedali di Nola e di Salerno, e quasi esauriti alla Federico II (94%) e al Cotugno (88%).

«Se continua così il sistema delle bolle scoppierà», conferma l’assessore alla Salute dell’Emilia Romagna Raffaele Donini, che martedì riunirà la commissione Sanità della Conferenza delle Regionisulla gestione degi ospedali nella nuova fase pandemica. «Avevamo appena riconvertito i reparti isolando i positivi all’interno di ginecologia, gastroenterologia e via dicendo. Ora siamo di nuovo davanti all’aumento dei ricoveri: va ripensato il piano». Secondo il presidente della Federazione degli ospedali italiani, Giovanni Migliore, «nei prossimi 10-15 giorni sarà indispensabile riaprire i reparti Covid».«Oggi — racconta — i 15 posti del pediatrico Giovanni XXIII di Bari sono tutti occupati».
Proprio in Puglia, in vista dell’incremento di accessi in ospedale tra le ondate di calore, di turisti e di Covid, è arrivata la chiamata straordinaria per i medici: da qualsiasi reparto dovranno prestare servizio nei pronto soccorso per la copertura dei turni estivi. Sì, perché la carenza di personale è l’altra faccia dell’emergenza. Negli ultimi sei mesi i contagi da Covid tra gli operatori sanitari sono aumentati del 325%; nel mese di giugno l’Iss ne ha registrati 19.571. Quasi ventimila tra medici e infermieri «isolati in casa per una settimana, oltre 700 mila ore di lavoro sottratte ai pazienti», commenta Guido Quinci, presidente di Cimo-Fesmed. «Lo stato di emergenza è venuto meno, ma il Covid non lo sa. E la mancanza di personale strutturale, che si somma alle reinfezioni e alle ferie, stressa il sistema sanitario», aggiunge Donini. L’ultimo allarme riguarda le Usca, le unità territoriali di assistenza che si occupano, ad esempio, del monitoraggio dei pazienti a domicilio. Il contratto è scaduto il 30 giugno, alcune Regioni lo hanno prorogato fino a fine anno. Ma dal Veneto all’Umbria, è allarme: «Terribile smantellarle ora — sostiene il virologo Fabrizio Pregliasco — si rischia ancor di più l’affollamento degli ospedali».

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