La Corte dei conti boccia il redditometro. Tra vecchio e nuovo strumento, dai controlli sintetici nel 2012 il Fisco ha raccolto solo poche briciole. I risultati ottenuti dall’agenzia delle Entrate lo scorso anno con il ricorso al «sintetico» e al redditometro di seconda generazione (almeno ufficialmente non ancora entrato in funzione) sono lontani dalle poste iscritte a bilancio con le manovre e i decreti del 2008.
La Corte dei conti non fa sconti al Fisco nella relazione 2012 al rendiconto generale dello Stato.
Come spiegano i giudici contabili nel lungo capitolo dedicato alla lotta all’evasione, pur in presenza di un incremento degli accertamenti sintetici del 2% rispetto al 2011 (sono stati oltre 37mila) va registrata «una drastica flessione delle relative entrate», che tradotto in percentuale equivale a un -74 per cento. A parlare sono sempre i numeri snocciolati dalla Corte: nel 2010 l’Agenzia aveva incassato 148 milioni circa, che sono diventati 116 milioni nel 2011 e sono crollati a 30 milioni nel 2012. Eppure il Governo Berlusconi aveva assegnato al nuovo redditometro e al piano di controlli sintetici effetti “mirabolanti” almeno in termini di incassi: «All’aggiornamento dell’accertamento sintetico – ricordano i giudici – erano stati connessi effetti finanziari per 741,2 milioni di euro nel 2011, 708,8 milioni di euro nel 2012 e 814,7 milioni di euro nel 2013».
Il Dl 112/08, ricorda ancora la Corte, aveva previsto maggiori entrate, nei fatti non accertate, attribuibili agli effetti del «Piano Straordinario di controlli» finalizzati all’accertamento sintetico, «per 170 milioni per il 2009, 290 milioni per il 2010 e 520 milioni di euro per il 2011».
Dati alla mano, per il solo 2012 la distanza tra l’obiettivo fissato dei 708 milioni e i 30 incassati è abissale: mancano all’appello 678 milioni di euro. E il risultato non migliora neanche se si guarda al bilancio 2012 dell’agenzia delle Entrate – pubblicato appena pochi giorni fa – secondo cui con i 37mila accertamenti sintetici effettuati lo scorso anno il Fisco ha rilevato 620 milioni di euro di maggiore imposta e incassato 122 milioni grazie a definizione con adesione o acquiescenza.
La Corte dei conti prende a riferimento l’attività svolta dall’Agenzia negli ultimi tre anni. Al 28 febbraio scorso, ancora prima del debutto ufficiale del nuovo redditometro, l’Agenzia aveva già messo nel mirino 100 finti poveri datati 2009. Inoltre cresce l’attenzione per i professionisti e gli imprenditori che dichiarano meno di quanto spendono per vivere. Gli accertamenti svolti nei confronti di soggetti titolari di reddito d’impresa, spiegano i giudici contabili, sono in aumento del 6%, dagli 8.664 controlli nel 2011 si è passati ai 9.241 del 2012.
Si apre ora, quindi, una corsa contro il tempo per garantire gli incassi iscritti a bilancio dalla manovra dell’estate 2010. Bisogna però ricordare che tra i fattori frenanti nel recupero di evasione attraverso la nuova versione dello strumento c’è stato il lungo percorso di attuazione fatto di continui aggiustamenti e ripensamenti. Al decreto dell’Economia datato 24 dicembre 2012, che ha individuato le modalità di funzionamento e le spese da cui gli uffici avrebbero potuto attingere per ricostruire sinteticamente il reddito dei presunti evasori, si è arrivati dopo una lunga fase di sperimentazione – condivisa anche con associazioni, professionisti e categorie – al termine della quale l’Agenzia ha rilasciato il “Redditest”: il software per la verifica fai-da-te del reddito con il livello di spesa.
Il resto lo ha fatto la politica con le polemiche durante la campagna elettorale. Con le forze politiche che hanno preso le distanze dal nuovo strumento e hanno chiesto a gran voce un’applicazione più “garantista”, mettendo da parte le tanto contestate medie Istat relative, tra le altre, alle spese per abbigliamento o a quelle alimentari. Un tam tam che ha imposto un lungo e delicato lavoro interpretativo all’Agenzia per mitigare alcuni aspetti senza compromettere lo spirito e le potenzialità dello strumento.
Si è arrivati così alla circolare 24/E di fine luglio con le istruzioni per l’uso: selezione solo con le spese certe che già sono disponibili in Anagrafe tributaria, doppio contraddittorio con il contribuente e spese Istat utilizzate solo in un secondo momento. Resta ora il problema di come conciliare queste garanzie con le esigenze di gettito sottolineate anche dalla Corte dei conti.
Il Sole 24 ore – 17 agosto 2013