I consumatori: l’aumento al 21% costerà 385 euro l’anno. Le bollette saranno uno dei segnali più tangibili per i consumatori dell’aumento dell’Iva
Le bollette elettriche e i detersivi. I giocattoli e le tv, ma anche auto, moto, abbigliamento e scarpe. Così pure caffè, vino, cioccolata, pacchetti vacanze e una serie di servizi, dalle riparazioni dell’idraulico al taglio del parrucchiere. Sono i «protagonisti» dell’aumento dell’Iva dal 20 al 21% deciso in extremis dal governo. La scelta impopolare almeno porterà nelle casse dello Stato tra i 4 e i 5 miliardi all’anno. E avrà un impatto sui prezzi dello 0,8%. In teoria. In pratica i timori delle associazioni dei consumatori è un aumento indiscriminato dei prezzi. Con conseguente penalizzazione dei consumi, già in sofferenza per la crisi prolungata che ormai si sta facendo sentire sulle famiglie. Per il presidente del Codacons Carlo Rienzi «il rialzo porterà a un aumento di tutti i prodotti indistintamente perché l’Iva viene scaricata sui consumatori. Saremo destinati a veder salire anche l’inflazione».
Le stime
Il termine ricorrente è «stangata». Che il Codacons quantifica in 290 euro l’anno, ma che salirebbero fino a 385 euro per una famiglia di 4 persone. I calcoli della Cgia di Mestre, l’associazione degli artigiani, è invece meno catastrofista e parla di «aggravio contenuto», valutando la misura del governo il «male minore». La Cgia ha diviso le famiglie per disponibilità di spesa, prendendo in considerazione le fasce di reddito che vanno da un minimo di 15 mila a un massimo di 55 mila euro e per ognuna è stata calcolata l’incidenza dell’aumento in tre casi: contribuenti senza familiari a carico, famiglie con coniuge e 1 figlio a carico e famiglie con coniuge e 2 figli a carico. Nell’elaborazione è stato tenuto conto dei fattori che possono influenzare il reddito disponibile e la diversa propensione al consumo. Il risultato mostra un aumento della spesa annua che va da 37,54 euro a 60,64 per chi ha un reddito di 15 mila euro senza familiari a carico oppure con coniuge e 2 figli. Per chi guadagna 30 mila euro l’aumento va da 58,27 a 77,84 euro. Più si sale con il reddito e più aumenterà l’incidenza: per le famiglie con entrate da 55 mila l’aumento andrà da un minimo di 99,75 a un massimo di 123,21. Federconsumatori, invece, ha fatto un calcolo solo sul rincaro della benzina: un esborso aggiuntivo di 32 euro l’anno, che se si somma agli aumenti a caduta da agosto 2010 si potrà arrivare a oltre 470 euro in più all’anno per fare il pieno.
Il conflitto di interessi
Certo, l’aumento dell’Iva sulla bolletta elettrica sarà pagato in automatico e così sul caffè o sul vino, sulla tv o sui giocattoli. Ma c’è tutta una serie di servizi sulla quale crescerà la tentazione all’evasione. Niente ipocrisie. Chiunque si è trovato a dover dare una risposta alla domanda «con o senza Iva?». E in alcuni casi la differenza non sarà stata certo di poco conto. Si va dal dentista all’imbianchino (nessuna delle categorie citate se ne abbia a male). Del resto i numeri dell’evasione sono chiari: 60 miliardi di Iva non pagata all’anno, la metà dell’intero gettito mancato. Si accende così un faro sul problema e la difficoltà dei controlli. Tema che fa ciclicamente riaffiorare l’ipotesi di un ampliamento delle spese deducibili dal privato cittadino con l’obiettivo di far emergere il «nero». In questo caso il conflitto di interessi si risolverebbe a favore della richiesta della fattura o dello scontrino per poi poter detrarre in parte la spesa sostenuta. Ma guardando al passato, le misure prese in questa direzione non hanno prodotto grandi risultati. Come ad esempio la deducibilità delle spese mediche, fa presente l’Agenzia delle Entrate: non c’è stata un’impennata del gettito in quel settore. Mentre la Guardia di Finanza ricorda l’operazione «Pandora» portata a termine due anni fa sulle ristrutturazioni, per le quali erano stati richiesti sgravi fiscali. Le Fiamme Gialle hanno scoperto oltre 5 mila imprese edili che avevano eseguito i lavori senza dichiarare alcun reddito (3 miliardi di euro occulti), mentre i clienti avevano richiesto lo sgravio fiscale nella loro dichiarazione dei redditi. Dai controlli dei finanzieri sono risultati circa 500 milioni di Iva evasa.
I controlli
Insomma, il problema controlli è determinante. Per Enrico Zanetti, direttore di Eutekne.info , il quotidiano del commercialista, «l’ampliamento delle spese deducibili può sembrare a prima vista una soluzione per rimuovere le prassi consolidate di complicità, ma nei fatti è più complicato perché solo il controllo verifica la vera spesa sostenuta. E dunque potrebbe invece portare i cittadini a dichiarare spese non sostenute. Oggi l’Agenzia delle Entrate già non riesce a fare i controlli sui 5 milioni di partite Iva. Come potrebbe garantirli sui 40 milioni di contribuenti per dissuaderli dal dichiarare il falso?». Una soluzione però ci sarebbe: «Prevedere una modalità di certificazione delle spese detraibili – ragiona Zanetti – tali da consentire l’inclusione nei file telematici della dichiarazione dei redditi in modo tale che ci sia un riscontro diretto».
Intanto c’è l’aumento dell’Iva ordinaria al 21%, mentre le altre aliquote rimangono invariate. La minima al 4%, che interessa alcuni generi alimentari come frutta, verdura e latte, i libri e i giornali e le vendite delle abitazioni quando si tratta di «prima casa». L’aliquota ridotta resta al 10% ed è applicata, ad esempio, a uova e birra (mentre il vino è al 21%) e alle cessioni di abitazioni che non hanno il requisito di «prima casa», ma anche alle bollette elettriche per alcuni grandi clienti industriali come possono essere le acciaierie. Il provvedimento, comunque, non stupisce più di tanto Zanetti: «Mi sembra coerente – conclude -. Da due anni si parla di riforma fiscale e di spostare la tassazione dai redditi alle cose. Sul tema erano d’accordo tutte le parti sociali. Ed è quello che è stato fatto. Certo, ci sono poi anche i patrimoni».
Corriere.it – 8 settembre 2011