Per la manovra di bilancio del 2020 servono coperture di «notevole entità» per sterilizzare gli aumenti dell’Iva, rafforzare gli investimenti, ridurre la pressione fiscale. Operazioni che se non finanziate da riduzioni di spesa o da un taglio delle detrazioni fiscali, condurrebbero ad un «deficit non compatibile con la riduzione del debito». L’allarme viene dalla Banca d’Italia, secondo la quale, senza gli aumenti dell’Iva e senza compensazioni, il deficit salirebbe nel 2019 al 3,4% del prodotto interno lordo.
A fare i conti nel dettaglio, sempre nel corso delle audizioni sul Documento di economia e finanza, è stato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Per il 2020 servono 25 miliardi per finanziare le politiche invariate, spingere sugli investimenti, correggere il disavanzo e scongiurare l’Iva. Sempre senza contare il costo della flat tax per le famiglie, la manovra “minima” salirebbe a 36 miliardi nel ‘21 e a 45 nel ‘22. Ieri la Corte dei Conti ha raccomandato che la flat tax sia «effettivamente compatibile con lo stato della finanza pubblica» e «idonea a superare le disparità e le iniquità dell’attuale sistema dell’imposizione sui redditi». I magistrati contabili hanno inoltre notato con qualche preoccupazione che «nel Def si compie una scelta di rinvio nella definizione dei contenuti effettivi della manovra, e ciò desta perplessità.
Le previsioni del governo sono condivisibili sia per Bankitalia che per l’Upb, anche se entrambi segnalano rischi al ribasso. Il Reddito di cittadinanza può portare 0,2 punti di crescita in più quest’anno e il doppio l’anno prossimo, ma dipende da come funzioneranno i centri per l’impiego, e la spinta degli investimenti sarà tutto sommato scarsa. Bankitalia sottolinea il costo dei tassi di interesse. Lo spread con i titoli tedeschi oltre 100 punti costa 1,5 miliardi quest’anno, 3 il prossimo e 6 nel ‘21.
L’Istat, da parte sua, coglie segnali di miglioramento in questo primo trimestre, e conferma un Pil in aumento dello 0,2% quest’anno anche grazie al decreto crescita, che riduce del 2,2% le tasse sulle imprese. D’altro canto, avverte l’Istat, l’aumento Iva ridurrebbe i consumi dello 0,2%, mentre la dinamica del debito potrebbe continuare a soffrire anche delle revisioni di Eurostat. L’ultima, «non strana ma non attesa» ha portato a ritoccare al 132,2% il rapporto debito/Pil del 2018, che quest’anno viaggia verso il 132,6%.
E poi c’è la forte incertezza sulle privatizzazioni messe in conto per ridurre il debito. E’ previsto un incasso di 17,8 miliardi di euro quest’anno e di 5,5 nel 2020, e secondo l’Upb, c’è «un rischio concreto» che «possa rivelarsi in tutto o in parte inattuabile». Solo tre volte in passato, l’ultima nel 2003, lo Stato è riuscito a incassare più di 10 miliardi in un anno dalle dismissioni. Anche ammesso che ci riesca, e che il debito si riduca come prevede il governo, dice l’Upb, le regole Ue non sarebbero comunque rispettate.
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